Finirà, dunque,
questo pomeriggio?
Quanti pomeriggi...
trentuno anni di P/M/N, pomeriggio/ mattina/notte da trentuno anni,
dal primo giorno 'di ferrovia', tranne quei quindici giorni in cui,
essendo l'unico in possesso di una abilitazione che mi pare si
chiamasse CCR - roba di carri e vetture da schedare - dovetti
sostituire il capo dell'ufficio competente, dal momento che il
collega più anziano di me, anche lui abilitato e al quale sarebbe
spettato l'onore della sostituzione, era gravemente malato: quindici
giorni di interminabile 'orario spezzato', una pena!
Trentuno anni, dicevo,
in uno di quei pomeriggi in cui spesso sogno il mio scoglio greco,
che avevo già battezzato Aghios Kathaldos, in cui sarei dovuto
scappare con la mia pensione di ferroviere italiano, dopo diciannove
anni sei mesi e un giorno, poche lire per mangiare e bere, tante
dracme per comprarmi da leggere e scrivere, niente mogli, niente
figli, una azzurrità immensa davanti agli occhi, solo, sul mio
scoglio, con la cannetta da pesca, una asciugamani, due pomodori
spaccati al sole, origano, qualche cipolla fresca...e invece eccomi
qui, in piena 'padanìa', con treni che sfrecciano a centottanta
all'ora, che se appena appena se ne ferma uno si fermano tutti quelli che più che
seguirlo sembrano inseguirlo, con viaggiatori inferociti, tanto che
anche i loro bagagli sembrano incazzati, con le mie carte miseramente
cadute dal tavolo e mischiate irrimediabilmente... in pensione ci
andrò, se il dio di questa parte del mondo lo vorrà, non prima dei
sessanta, la moglie ce l'ho, di figli ne ho quattro, la lira e la
dracma sono scomparse, e dovrebbe esserci l'euro, anche se spesso,
diciamo così, latita.
Quindi addio Grecia,
occorre cambiare i programmi in corsa.
Del resto, messa così,
non posso tornare neanche in Calabria: non sarà come diceva mia
madre, quando mi domandò dove fosse la Siberia, ché il figlio di
non so chi lo avevano assunto nelle ferrovie e lo avevano destinato
in Siberia, e hai voglia a cercare di convincerla che la Siberia è
un pochino più in là di Udine, dove era destinato quel
'povareddu'... non sarà come diceva mia madre, ma da questa campagna
di padania, proprio in pochi, del mio contingente, hanno fatto
ritorno in patria... perché in fondo, cosa ci vuole a dirlo, che la
mia patria (e ancor più 'matria') è la Calabria, che anche noi
abbiamo avuto una diaspora, eccetera eccetera, e se poi vogliamo
buttarla sulla globalizzazione, la massificazione, l'omologazione,
vabbè, si può fare... tanto non gliene può fregare di meno a
nessuno, di questi come di altri tempi...
Questi pensieri, ad
ogni modo, non riescono a distrarmi dal servizio, e in fondo sono
proprio pochi i momenti di possibile distrazione, in questi pomeriggi
interminabili, giusto un'occhiata oltre i vetri della vedetta
dell'ufficio, ma anche lì, l'occhio non si ferma mai, è troppo
istruito ad inseguire la coda dei treni, a sentire qualche ostacolo
sui binari, avvertire la presenza di viaggiatori oltre la fatidica
'linea gialla in attesa dei treni', 'non oltrepassare la linea gialla
in attesa dei treni', 'non oltrepassare la..', tutti i santi
giorni... anche nelle stazioncine deserte, ...'allontanarsi dal binario
uno, treno in transito, è severamente vietato...': a trovarla una
persona nei paraggi della stazione, anche pagando!
Un monito continuo,
interminabili serie di rumori che mi lasciano tranquillo quando li
sento e invece mi preoccupano quando mancano: qui dentro, ogni azione
è contrassegnata da una suoneria, molto spesso non tacitabile,
proprio come dicono i regolamenti, poiché qui tutto è
regolamentato, forse anche i pensieri, e comunque dopo un po' di anni
si comincia a pensare - e devi pensare - come un ferroviere, hai
voglia di dire il contrario... e in fondo non c'è nulla di male,
tutt'altro.
Qui si raccontano
sempre gli stessi aneddoti, ad esempio quello del pastore che aveva
legato la pecora alla sbarra del passaggio a livello (PL per gli
amici), e che ovviamente la pecora, al sollevarsi delle barriere è
rimasta appesa, con massimo sconforto del pastore medesimo, oppure
quella del PL (un altro voglio sperare) che non si poteva chiudere
perché era attraversato da un interminabile corteo funebre, e quindi
il treno aveva 'maturato' (si dice proprio così, in gergo) del
ritardo, attendendo al segnale... solo che erano circa le due di
notte, un'ora un po' insolita per i funerali (ma ci sono i vampiri,
in alternativa)... insomma storie di una ferrovia di altri tempi, dei
tempi di cui quei poveruomini, tra loro molti ex reduci e
combattenti, mi raccontavano, ad esempio di quando in questa stazione
c'era stata la guerra, quella vera, e ogni tanto, nell'immediato
dopoguerra, ci scappava ancora qualche fucilata, in mezzo allo scalo
merci e tra le locomotive sgangherate, e di quando questa stessa
stazione era molto più importante e c'erano addirittura tre macchine
di manovra a vapore, e tutti i treni che dovevano deviare verso le
linee diramate dovevano 'cambiare trazione', vale a dire sganciare
una locomotiva a vapore e agganciarne una elettrica, oppure il
contrario... ma anche questo è cambiato, e di molto!
Pensavo a cose del
genere, quando, improvvisamente, irruppe una voce di donna, una bella
voce di donna, che chiedeva aiuto, con toni quasi disperati...
I miei pensieri si
interruppero immediatamente, già sfogliavo la rosa dei possibili
motivi di quella disperazione... 1, dimenticato ombrello firmato sul
treno, 2, dimenticati documenti, 3, portafogli con documenti, 4,
portafogli con soldi e documenti (“ma non è per i soldi, non
sono importanti, lo faccio per i documenti”), 5, telefonino, 6,
notebook, 7-8-9-10, dimenticato sul treno parente in ordine decrescente
di importanza.
“...Allora?”
Allora niente di
tutto questo...
“Dimenticato agenda.”
“Si calmi signora...
mi dica... si calmi, cosa ha dimenticato?”
“Agenda!”
“Dimenticato agenda,
non sul treno, a Castel San Giovanni, nel bar tabacchi di fronte
stazione.”
Ma perché parla
come se fosse straniera, pensavo, di noi due è lei quella più
italiana, mah...
“Aiutatemi,
aiutatemi, vi prego!”
Ma cosa avrà questa
agenda di così importante...
“Devo essere a Ravenna
entro le sette di stasera, devo prendere i bambini all'istituto,
quelle là non aspettano... come faccio... se prendo adesso la
coincidenza, non posso tornare indietro a cercare l'agenda e se
prendo il treno successivo... faccio tardi... vi prego, vi prego...”
Ma tu guarda...
(...E adesso entro in
scena io!)
Questa qui, tanto a
posto non deve essere, ma insomma...
E poi è pure una
bella ragazza, devo ammetterlo, e quella camicetta leggera, diciamo
che depone a suo favore, và...
Allora io:
1-Sguaino il telefono
fisso, compongo il numero, a questo punto ai di lei occhi sto già
salendo di qualche gradino, chiedo al collega se conosce il bar
tabacchi e se può andare a chiedere dell'agenda (risposta
affermativa: “do' il consenso per il locale - ma questo
sarebbe lungo da spiegare- e appena transita vado, ti richiamo
subito dopo”. )
“Grazie, gentilissimo.”, -
questo sono io che parlo.
2-Mi armo di telefono
GSM-R, cioè prendo il telefonino di servizio, dài!, chiamo il
capotreno dell'altro regionale che dovrà passare da Castel San
Giovanni e gli chiedo se può prendere in consegna alla stazione di
Castel San Giovanni (Castello per gli amici) una agenda che una
viaggiatrice ha smarrito e che il CS (il capostazione) di Castello
gli consegnerà: “grazie capo, gentilissimo!”.
La biondina sta
prendendo un po' di colore: non capisco, ma mi adeguo...
3- Scatto a rispondere
al collega di Castello che mi dice: “sì, l'agenda ce l'ho qui, è
nera, copertina in pelle”, “bene, bene”, (a dopo lo
spumante),” ho già parlato col CT (capotreno): nessun
problema; ti ringrazio...”
Penso: Ah, ti tratti bene, chi te l'ha
regalata la Moleskine, eh? Il tuo maritino, voglio sperare...
La biondina che aveva
cominciato a prendere colore, improvvisamente mi ricomincia a
stingere...
”...e ora che altro
c'è?!”
“...Ma i bambini, i
bambini all'istituto! Non farò mai in tempo!”
Mentalmente mi accendo un sigaro, lei
praticamente sviene, sparse le chiome, chiede di potersi sedere, non
ce la fa più...
E questa dovrebbe
crescere dei figli?...
Mi staglio in tutta la
mia imponenza di coso di circa centosettanta centimetri in altezza
(ometto, in pratica, pur omettendo la misura in larghezza), e in
tutta la mia statuarietà dico alla giovane signora due punti:
“tranquilla! stia tranquilla!“ (ma volevo dire: “tranquilla,
pupa, ci penso io!”... ) “...capotreno dell'eurostar?, salve,
capo, qui è la stazione di... (posso dirlo Piacenza ?), abbiamo un
problema, c'è qui una signora in stato confusionale (in fondo è
vero), ha perso il regionale per Ravenna e deve arrivare entro le
sette di stasera, io non so come fare, puoi darmi una mano? la
polizia ferroviaria no, non c'è, sono di scorta su un treno... va
bene, grazie, allora la mando in testa al treno, gentilissimo, capo!”
Finalmente arriva
l'agenda, portata dal capotreno del treno regionale di prima:
ringraziamenti di rito.
“Ma ce la farò? Ce
la farò?”
“Sine! Sì che ce la
farà...”
Finalmente si siede, è
spossata... e fortuna che ha fatto solo domande!
I miei colleghi nel
frattempo si sono prodigati fino allo stremo per raggiungere il
buffet della stazione per i meritati quindici minuti di insindacabile
pausa caffè legalmente riconosciuta...
Ora è tutto a posto,
abbiamo controllato anche gli orari di arrivo a Ravenna e la
differenza, considerati i cambi a Bologna e Faenza, prendendo
l'eurostar anziché il regionale si è annullata: arriverà alla
stessa ora, con la sua agenda magari stretta al petto, con la sua
giovinezza un po' impacciata, e abbraccerà i suoi bambini,
rilassata...
Ma improvvisamente si
alza e chiede arrossendo se può chiedermi una cosa, una sola...
“Posso baciarla?...
La prego!”
Cade l'ultimo
diaframma, le maestranze abbandonano per un attimo i picconi,
l'immane mostro che aveva scavato la galleria tace per un momento, e
la bella signora mi bacia, due soffi leggerissimi sulle guance...
Proprio mentre quei tre
lì, sì, i miei colleghi, proprio loro, stanno rientrando con in
mano la schedina del superenalotto appena giocata e mi guardano con
la bocca semiaperta...
Ma per questa volta ho
vinto io, anche se non ho capito subito che quella agenda era zeppa
di poesie e appunti di una vita...
E allora buon viaggio,
ragazza!
Bellissimo racconto di vera vita ferroviaria. Il mio impegno fs è stato più tranquillo, ma al contempo anche pieno di imprevisti del mestiere: relegato in una biglietteria alquanto movimentata nel periodo estivo, perché frequentata da turisti di ogni parte del mondo. Ho fatto anche dei biglietti al principe e consorte degli Emirati arabi. La biglietteria era Stresa, sul lago Maggiore
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