A proposito di poesia e della iniziativa editoriale del quotidiano ‘La Repubblica’, a cura di
Walter Siti, Premio Strega 2013 con ‘Resistere non serve a nulla’.
… ed in effetti nulla so di
questo scrittore e del libro premiato, ma forse è meglio, così posso dedicarmi senza
particolari condizionamenti alla rilettura dell’articolo apparso il 4 gennaio
2014.
Alcuni punti si segnalano per la
visione lucida che li ispira, altri per la bonarietà ai quali sono improntati,
almeno nei propositi dello scrittore, che annuncia una sua personale lettura
domenicale, per tutto l’arco di questo anno, di una poesia, svariando per le
letterature di tutto il mondo (il titolo dell’articolo in oggetto è ‘La poesia
del mondo’… un po’ ambizioso, probabilmente), da Petrarca a Pessoa, passando
per la Dickinson e Rimbaud e tanti altri bellissimi nomi.
L’articolo comincia con la
considerazione dello stato attuale della ‘poesia’ intesa come genere
editoriale, più che letterario: a detta degli editori la ‘poesia’ è un’area
depressa, pochi giovani sono capaci di scrivere qualcosa che rimanga impresso
nel lettore, per cui gli editori ricorrono, alla bisogna, alla riedizione di
classici, da quelli della prima metà del novecento e a ritroso fino a Catullo.
Il Siti sottolinea come una massa di persone si dedichi, in Italia, al romanzo,
mentre gli autori di poesie sono relegati, costretti, ad affidarsi a case
editrici minori o minime, in un circuito – vizioso, sembra di leggere – ‘dove i
poeti se la cantano e se la suonano, litigando e leggendosi a vicenda’. Avendo
un po’ frequentato i blog di persone che scrivono poesie, o che vorrebbero o
pretenderebbero farlo, devo dire che mi sembra che sia proprio così, con una
corsa alla pubblicazione che francamente non condivido. E’ giusto, ed
è pure ‘salutare’, che ci si dedichi alla scrittura, ma non basta dare un
calcio ad un pallone, magari imbroccare il tiro giusto che vada ad insaccarsi
nel ‘sette’ della porta avversaria (se non nella propria, con clamorosa
autorete) e sentirsi degni del Maracanà… no, prima bisogna fare un grande
esercizio fisico - sennò manca il fiato, e non vai da nessuna parte -, e poi, o
al contempo, dedicarsi a quei noiosissimi fondamentali che sono alla base di
qualsiasi arte, e anche se non sai sul momento cosa sia una anafora o un
iperbato… poco male, ma almeno averlo saputo, almeno questo non farebbe male
all’aspirante poeta o scrittore. Per pubblicare qualcosa, per ritenersi adatti
o pronti a dare qualcosa di più agli altri, ai lettori, credo si debba essere capaci
di cogliere quel ‘quid’ che fa la differenza, non essere o sentirsi superiori,
ma semplicemente offrire qualcosa di diverso. E’ poesia? Si spera di sì.
Prima, qualche rigo fa, sono
stato volutamente freddo, parlando di anafore ed iperbati… sciocchezze: le
forme del linguaggio poetico sono molto più calde ed umane, nonché diffuse, ed infatti diciamo
metafora e già sembra una parola difficile (anche se ormai questa parola non fa
più paura, visto quanto è usata, soprattutto a sproposito), ma va da sé
che la metafora è, per il poeta come per il parlante comune, un semplice mezzo
espressivo, uno dei più usati ed efficaci… cosa distingua poi la metafora del
poeta da quella di un venditore di almanacchi è tutto da vedere, cioè: dove risieda
la poesia, questo è tutto da verificare.
Nell’articolo si parla, poi, di
lirica e di musica, e di come rappers e cantautori, ad un certo punto, si siano
fatti continuatori o portatori di quel ritmo che sembra essere venuto meno
nelle opere poetiche. Verissimo, è il battito, la musica, che manca in
moltissime ‘poesie’, è proprio questo il quid discriminante di cui cercavo di
parlare, tra colui che fa il poeta, che possiede conoscenze di forme metriche o
stilistiche, e chi poeta è, con o senza quelle conoscenze, ma con quel battito
intimo che cerca una sua espressione, spesso insopprimibile, irraggiungibile,
dolente. E forse, messa così, non mi è possibile dire che tutti possono scrivere poesie, che tutti possono provare
ad autopubblicarsi (per questo oggi basta pagare). Aggiungo che bisognerebbe anche meritare di essere letti e che qualcuno vi provvedesse, magari senza obblighi di amicizia o parentela, e questo è più
difficile di quanto si immagini, visto che ormai, tra presentazioni e buffet
letterari, siamo alla farsa…per non parlare degli scambi di lodi e di cuoricini sui social network, ma forse qui si tratta soprattutto di semplici atti di benevolenza, poco male.
Tornando a rappers e cantautori, mi pare di capire come l’autore dell’articolo colga un aspetto importante, relativamente al loro essere poeti o no: nelle loro composizioni c’è il ritmo, sì, ma senza quel ‘battito’ esse rimangono canzoni, musica esterna.
Tornando a rappers e cantautori, mi pare di capire come l’autore dell’articolo colga un aspetto importante, relativamente al loro essere poeti o no: nelle loro composizioni c’è il ritmo, sì, ma senza quel ‘battito’ esse rimangono canzoni, musica esterna.
Io rimango della mia idea, che la
poesia è ‘cosa cordiale’, spesso dolorosa, e molto, per giunta, quando essa non riesce
a trovare espressione e ‘soddisfazione’. Se la ‘cosa’ è seria bisogna
maneggiarla con cura; se di esercizio si tratta, allora va bene, basta
chiamarla con nomi diversi da ‘poesia’, ché di altro, in effetti, si parla.
Intanto aspettiamo le letture domenicali, sdoganate dagli schemi tradizionali, come annunciato nell'articolo: buona idea, e spero efficace, affinché si possa cogliere qualche aspetto meno gravoso o scolastico, di questa materia che più attiene al 'cuore'... 'cordiale', appunto.
Intanto aspettiamo le letture domenicali, sdoganate dagli schemi tradizionali, come annunciato nell'articolo: buona idea, e spero efficace, affinché si possa cogliere qualche aspetto meno gravoso o scolastico, di questa materia che più attiene al 'cuore'... 'cordiale', appunto.
PS: come se io avessi mai scritto o pubblicato qualcosa...
RispondiEliminaHai ragione, scrivere poesia dovrebbe essere l'atto finale di un percorso di apprendimento. Per scrivere bisogna prima leggere molto. Interessante l'iniziativa de la Repubblica. Spero che Siti sappia parlare anche di poeti poco noti, non solo di quelli che pubblicano con Mondadori e Einaudi
RispondiEliminaCiao Giuseppe, oggi ho letto, da profano quale mi ritengo, il commento di Siti al sonetto 272 del 'Canzoniere' di Petrarca e devo dire che non mi ha detto nulla di nuovo o da ricordare. Per quanto riguarda il pubblicare poesie, ma anche prosa, o esporre opere di qualsiasi genere, dovrebbe avvenire nel modo e nei tempi che tu indichi: si può cominciare a scrivere a qualsiasi età, certo, ma pubblicare dovrebbe essere qualcosa di più serio, anche da parte dell'offerente... Lo stesso vale per le critiche e i commenti: bisognerebbe farli se c'è qualcosa di nuovo da dire... quello su 'Repubblica' mi sembra un compitino o poco più, essendo l'interpretazione del sonetto, e delle metafore in esso contenute, quella ormai consolidata dal tempo e dalle antologie.
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