Vorrei semplicemente che tu scrivessi.
E che per una volta fossi tu a farlo, da sola.
Vorrei che tu
mi amassi. E che per una volta fossi tu a decidere i tempi, da sola.
Senza la mia presenza. Senza le
modifiche, pur lievi, che posso importi.
Come se io non ci fossi. Libera di
essere, senza che nulla tra noi si frapponga.
Vorrei che parlassi di
te, ma lentamente, perché possa intendere, senza quei passi
affrettati che troppo spesso solo a fatica riesci a modulare.
Dimmi di te, apriti
dolcemente, perché possa capirti, senza quelle accelerazioni che a
stento riesci a governare e che ti fanno esitare nel dirmi di te.
Ti vorrei qui, distesa,
col tuo sentire che sempre più si fa fluido, il tuo battito leggero,
attenta e tesa a raggiungere il limite ultimo, quello dopo il quale
sai di dover ripartire da un accapo.
Vieni qui, lasciati
andare, fa' che possa sentirti respirare, ascolta il tuo respiro che
si va quietando, il tuo corpo che si muove col mio, il tuo cuore
preciso, il tuo moto che si completa col mio, fino a quel punto
estremo dal quale ripartire.
Ma ti ostini, ti blocchi,
in qualche modo mi dici che questo nostro rapporto è impossibile,
non è di questi tempi, che siamo ormai passati, che nuove luci, con
lettere più precise e impeccabili si illuminano dal retro:
meravigliosi video retroilluminati di grazie istoriate al plasma!
Non credi ai tuoi
occhi, cerchi di negarti a questa meraviglia, dici che non è
possibile, che non è più tempo, che un altro tempo, la forza di
altre braccia e desideri ci sopravanza.
Tu sei qui, invece, nel
tuo moto di un amore antico, quello che intende il rigore preciso di
un legame di altri tempi ed altre mani: tenone e mortasa, sentimenti
inestricabili e code di rondine, custodi e cassetti: quelli che non
apro, ché un'aria infida, pur nuova o diversa, li ossiderebbe, i
pensieri, le lamine, i pennini senza tempo, sudate incrostazioni,
intarsi, e follicolo occluso, da dove passa il segno che lasci, tu,
tra le righe.
Ti dico che sei qui,
invece, con tutta la storia possente e intatta dell'amore vissuto da
dentro, con quei suoi incastri perfetti di anime e corpi, e tutto
quel sentire che abbiamo custodito tenacemente, assiduamente,
aspettando questo momento così perfetto e propizio in cui
quell'amore si realizza.
E vorrei poi che
sentissi, come un tempo, le mie mani prendersi cura di te, darti il
calore e la spinta necessari a portare avanti il tuo compito
silenzioso, quello che solo tra noi, apparendo, parla.
E sentirai, come nel
tempo che ci è stato così a lungo negato, che è giunto il momento
di portarmi nel tuo segreto dell'essere donna, quello che sono venuto
a cercare col calore delle mie mani, dove i tuoi fianchi si aprono e
i miei occhi non sanno confini.
Ora, a volte, posi nella
tua terra di bianco, smarrite le linee sottili, o forse ormai
inutili, ora che tutto hai fatto della tua vita, ora che più non ti
serve l'abbrivio di uno schema fisso, ora che sei di nuovo, in
qualche modo, libera; di spaziare, almeno.
E dopo l'amore, dopo
il nostro esserci e dare, rimarrai leggera, nei lini segnati da
impressioni sottili e dal peso delle tue ali di inarrestabile
farfalla; e non ti servirà più nulla, ora che sai la vita e
l'amore, ora che sei di nuovo libera di spaziare.
E qui finiamo, giunti al
punto: manca un accapo che non mi è concesso.
E questo ci basterà,
come un accapo che rinasce.
Ciao
Sempre
Refill.
Amore mio.
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