mercoledì 27 novembre 2013

Di mia madre.

Una vecchia 'cosa' ripresa dall'ormai estinto blog ospitato da 'Splinder', una piattaforma poi chiusa dall'editore, gestore del sito, o quello che era.

martedì, 15 febbraio 2011


E' notte, e tu sai, nel dialetto dei silenzi
lo spegnersi dei respiri
sai dei muri e della calce viva
- solo, talvolta,
la tua ombra a pezzarla di nero -
quando tu, fatta muro
con un fremito al labbro contavi
gli anni del lutto
e scoprivi che in fondo
a vestirti a fiori non era più cosa
non ne eri nemmeno capace
così dichiaravi.

Non hai mai sbagliato quel conto
nemmeno ora
che il tempo ha la meglio sul nero dei capelli
ora che mostri i nei sulla fronte
e dici
sono tutti tumori, ma piccoli
e ne ridi, quasi a perdonarli.

Mena mi tocca
dice che ti trattieni a stento
che corri verso il bagno e il tuo corpo ti insegue.

Mi torna l'odore di crine
acre
di urine tramandate
di sonni amari e sogni
troppi
costretti in fila ad aspettare
e un cigolìo di buio metallo che sentivo
prima che tu
quasi risorta da quei ritmi ignoti
venissi ad asciugarmi in volto.








postato da: catamor alle ore 03:00 | Permalink | commenti (11)
Commenti:

#1  15 Febbraio 2011 - 09:48

Toccante,
infinito
amore.
Molto sentita
un sorriso
un abbraccio
Chiara
chiaramarinoni
#2  15 Febbraio 2011 - 11:42

è una poesia strordinaria!
se il tempo sedimenta in versi come questi e una mente ne fa poesia, allora la vita è molto altro.



utente anonimo
#3  15 Febbraio 2011 - 16:06

Ho chiaro, adesso in ritorno, l'odore acre del crine.

PannychisXI
#4  15 Febbraio 2011 - 20:07

vedo che amiamo le stesse atmosfere intime e poderose della vita difficile.
E' molto bella, complimenti
esplanade
#5  16 Febbraio 2011 - 00:14

le tue canzoni sono un continuo crescendo. Ammirato.

RottamieViolini
#6  16 Febbraio 2011 - 18:43

Un grazie sincero per i vostri complimenti, che vanno ben oltre le qualità -per così dire- di queste cose che vado appuntando.  In fondo si tratta di parole che passano, a volte qualcuna si posa proprio nello stesso luogo, succedaneo alla carta, per il quale mi trovo a passare -o posare. A ben guardare, chiedo scusa a voi che leggete, e anche a ciò che scrivo...non voglia il cielo che vergare parole sia come recidere uno stelo.
Ciao, grazie ancora.
Catamor.

catamor
#7  19 Febbraio 2011 - 16:15

vergare parole.. è sempre il frutto di un'intensa emozione alla quale vogliamo dare voce, e tu sai farlo in modo intenso ed elegante e l'eco si sente fin qui..

è davvero molto bella e mi piace molto lo stile con in quale ti cali in queste atmosfere

albafucens
#8  21 Febbraio 2011 - 18:43

una preghiera intensa....
non devi chieder scusa di nulla
mai...
siamo felice di riaverti nelle parole...

barchedicarta
#9  24 Febbraio 2011 - 18:53

è una incantevole sorpresa leggerti... davvero emozionante!

Ecatmel
#10  07 Marzo 2011 - 07:57

ne rimango incantata, catamor.

mere2
#11  07 Agosto 2011 - 12:39

Accipicchia a te: mi hai commosso.
Adesso devo smaltire questa cosa che ho in gola e penso mi ci vorrà tempo.
Ritorno....
Carla

NATACARLA

domenica 24 novembre 2013

case di apparenze morte

case di apparenze morte
vagamente domando
se siano le cose o chi le crea
per queste vie
a sopravvivere
vorrei sapere oltre
e non questo altro, effimera differenza
vorrei affondare nei muri
dove quest'immagine a stampa
di un'edera è solo un monito,
e stanco
io non so se di case e uomini
sopravvive il tutto o la parte
forse è un percorso di metonimie
e rammendi
forse sono le crepe inestinte
a segnare i luoghi del respiro
forse è qualcosa che vince o traspira
forse è qualcosa di umido che trasuda
dagli occhi delle case vuote
qualcosa che tu esprimi, di umano
e che io solo sento
e non so, se questo mi dispera
o se è tutto quel che ho,
degli occhi, delle vie.

giovedì 7 novembre 2013

Andrea.

Andrea.
That's enough: a chiare lettere, è abbastanza, già basta, è bastato, null'altro occorre, il cerchio si è richiuso, freddamente, semplicemente, senza ammissione di repliche né remissione di peccati, il cerchio, con poca fantasia, poca immagine, si è richiuso come un'onda al cui interno, non visto, Andrea è tornato Andrea e le cose cose, e ciò che già era stato, stato...
Come nelle grammatiche più elementari: picture one is a girl, picture two is a pencil, picture three is a dog... susseguendosi i riquadri, davanti ad un riquadro innumerato Andrea crede di doversi fermare: questo sono io! Bene, questo sono io, come illustrato in figura ics o tot: Andrea, 'Sorrow' per gli amici, 'Sorrow', disgrazia, mi pare, per gli amici, quelli di un tempo, tratto da una collezione di fumetti che neanche per mera curiosità ho sfogliato o indagato: mi chiamavano così, e non ho mai saputo se era per una qualche somiglianza fisica o, per così dire, morale, con il personaggio dei fumetti... forse oggi mi piacerebbe saperlo, ma è passato senz'altro troppo tempo perché qualcuno dei miei amici possa ricordare l'origine, il motivo, di quell'appellativo... o forse sono passate troppe conoscenze successive a quegli amici per poter recuperare quell'angolino di memoria.
E' passato tanto tempo, in effetti, in maniera quasi inspiega-bile ed in maniera che toglie ogni reale volontà di voltarsi indietro: quasi un baratro, troppo, per un semplice desiderio di ripercorrere vicende ormai destinate alla dimenticanza... vera-mente troppo, per non scivolare nel ridicolo: 'pensi ancora a queste cose?' 'come fai a ricordarlo?', cosi mi direbbero... e poi trovare qualcuno ancora disposto a parlare di ciò che è stato...
No, decisamente, è da evitare in ogni modo: no e poi no! Quell'aria tra il compreso e il sorpreso, quell'interesse sbiadito di un improbabile interlocutore, no, no e basta. E' da soli che bisogna ricordare, ed aventualmente scadere, si tratti di elegia, nostalgia, rammarico, rimpianto o quel che sia: di tanta umanità ricordare, già... Inderogabile, a volte, la coazione a situarsi nella bolla o nella nicchia ricavata nel tempo, perché è così, è anche, semplicemente, così, dover ricordare, ricreare.
Tantopiù che da sempre lo aveva creduto, che ricordare non vuol dire per forza né sempre distruggere o annullare il presen-te o averne paura: no, ricordare può essere tutt'altra cosa e tutt'altro impegno: ricreare, far vivere o rivivere, situarsi nella bolla fragile, nella nicchia attaccata dall'erosione, però, però muoversi anche, solidarmente con essa nicchia all'interno di uno spazio e di un tempo, preservare e conservare, protrarre: qualcosa come dire che ciò che si ricorda non è poi stato così vano...
Risultato?
...Risultato era che, chi più chi meno, tutti o quasi lo consideravano un povero illuso, un autore di piagnistei in terza rima per eccellenza o antonomasia, che non fa più 'chic', ma quasi, o comunque è utile per le parole crociate...
Andrea, pure, qualche volta simpatico o 'di compagnia', utilizzabile alla bisogna per intrattenimenti o uscite fuori porta, Andrea tuttavia sopportabile o non: dipende dal di lui stato d'animo, forse - o non già - da quello dei suoi compagni: chissà perché... Chissà veramente chi tira quella riga sottile al di qua o al di là della quale si è inclusi o esclusi da quello che si può chiamare semplicemente 'giro' poiché, in vero, di giro e giravolta si tratta: di amicizie, conoscenze, ambiti... e quale somma grazia essere ammessi, o diversamente smessi!
...Ineffabile il cadere in disgrazia o l'entrare nelle grazie... ad Andrea, francamente, sembrava poco serio, probante, merito-rio, qualificante, tutto questo... Fortuna, 'fortuna, a fortuna ciecata', come soleva ripetere: il caso, essere in un dato luogo, in una data posizione, per caso, solo per caso: non c'è molto altro da aggiungere o sbandierare.
Anche se poi aggiungeva un 'forse' sospensivo, di rigore: ed in fondo proprio di un forse si trattava, anche per lui che da quelle considerazioni era probabilmente niente più che colpito in maniera eccessiva... Uno scompenso, ecco, forse si trattava di uno scompenso e nulla più, per il quale mostrare l'euforia o le ferite del momento, di ogni momento: il che é, sinceramente, troppo, per un qualsivoglia compagno od interlocutore, anche il più disponibile... Bah!.. (Proprio così: Bah!...)
Oggi ho incontrato questo Andrea di cui parlo con una insofferenza che già, latente dentro di me, si lascia ormai intravvedere: l'ho incontrato ed ho taciuto perché mi è bastato un solo istante per capire che era stato lui ad avermi cercato, che l'incontro non era poi occasionale e non c'era quindi nulla di cui meravigliarsi: l'ho incontrato appoggiato ad una colonna, vicino alla fermata degli autobus (è ammissibile, no ?!), l'ho osservato per quel famoso istante ed aveva una faccia indicibilmente scura: lui non parla ed io non parlo, continuano a passare degli autobus, già, molti ne sono passati (non verrebbe spontaneo dire che 'già molti ne abbiamo persi'?), ed ogni autobus ripartendo solleva la stessa nuvoletta di polvere, quasi stizzito...
Glielo chiedo con gli occhi, ad Andrea, se era questa la bolla di sapone o la nicchia ulcerosa ricavata col tempo e nel tempo, e taccio, taccio perché mi sembra fuori luogo questa fermata che sa di attesa troppo lunga e di orari sbagliati, anche se gli voglio bene e non lo lascio qui da solo.

1.5.89