giovedì 30 ottobre 2014

mi sorprende la luce, e il ritardo

mi sorprende la luce, e il ritardo
il tuo tempo di giungere
un attimo prima che abbia il sopravvento sul giorno
il residuo di notte che a lui si opponeva

dei tuoi occhi e dei nostri segreti si compongono
il risveglio puntuale di te, addentrata
e il sonno che mi vince
come una luce azzurrata a nascondermi
oltre le palpebre
in una gabbia inevitabile
in attesa di un tempo
generoso di colori,
e speranze che si rinnovano
nel loro solo mestiere:
di viverti.

martedì 28 ottobre 2014

Parole viaggianti

Parole viaggianti
Sillabe in cerca di leganti
Arie che si sospendono
Stanche
Di tanta attesa che non sia
Giorno dentro
Luce senza riguardi
Chiarore prepotente
E connettivo

Ci porteremo

Dove non potremo seguirci
Poi che insieme arriveremo
Disegnando minuscoli gigli sui vetri
Ricalcando a matita
Messaggi brevi
Perché non sfuggano
Dalla memoria
Dalle dita
Gli istanti che i tuoi occhi hanno dato
Quando nell’aria ho udito
Solo tra noi
Il tuo nome
E il mio
In uno scambio di tensioni
Che allentava Il tuo corpo
Improvviso e vasto
Da comprendere
Il mio volto

E le tue ragioni.

lunedì 27 ottobre 2014

ancora notte


ancora notte
e penso al posto
dove posano le palpebre
e la luce sfilata dagli occhi
penso ai morti
nella loro pace
di pini e pampini
di lucertole caute e stelle assorte
penso ai camposanti dei morti di provincia
quelli che ancora chiedono
se è con permesso
anche andarsene dall'altro lato del mondo
penso a mio padre assorto
a mia madre preoccupata
sulla soglia o nella bara non credo cambi molto
penso alla pace troppo attesa
e al silenzio testardo che si opponeva
ad entrare nei giorni: penso a loro
e forse si spengono i ricordi
con abbandono di mano che si allenta
e rosario che cade
in qualche punto delle loro bare
non importa quale, ma preciso
se davanti ai loro marmi
sono solo e di tanto sempre
non rimane che il tempo perduto
a ricavarsi un luogo dentro.

Non perdonarci

Non perdonarci, Reyhaneh
non perdonare a questo mondo senza pace
non perdonare alle anime deboli
alle anime armate di solo corpo
non perdonare al mondo intero
allo sfoggio di parole
al cuore carente dell'occidente
non perdonare
non darti affanno
Perdona, se credi, solo la sconfitta
complessiva
di uomini senza amore né onore.
Insieme, tutti, con te perdiamo un mondo
chiuso negli occhi di una breve vita di donna
Tutti, in te, abbiamo perso
con la tua corda appesa al collo
ad oriente ed occidente, sui due fili della stessa lama
e non importa da che lato nasca
né dove muoia, se solo ci divide, il sole
se non serve, la sua luce, che a scoprire deserto e rovina.
O perdonaci ora, che non puoi, né devi,
ma solo per un attimo,
ora che il tuo perdono ci perseguita e preme in tutta fretta
perché poi, soldatini del nulla, persi in un domani senza volto,
noi, lesti, già dimentichiamo.

sabato 25 ottobre 2014

Il poeta non è mai solo se stesso

Il poeta non è mai solo se stesso
serba una parte che non si può afferrare
l'anima del poeta è una giacca appesa
la muove un vento che non sa controllare
il poeta non sa nulla dei pesi
delle misure che non siano ritmi
e combaciare di desinenze
d'anime, di finali di sequenze
di corpi che s'agitano nel centro
esatto, prepotente di parole
il poeta regge suoni senza senso
senza nessi senza ordini di luogo
senza tempo
verranno dopo
in solitudini
in distanze lente
i motivi di tanto pianto
di poco riso
delle linee del canto
verranno a spargersi
nella mente
come il pane dei poveri e dei passeri
rendendo conto
del perché
di tanti colori
di tanti sogni
di tanti amori
avvolti in poche, semplici parole
in cerca di spiegazioni.

giovedì 23 ottobre 2014

si è alzato da terra

si è alzato da terra
un coro di vento
e si offre a salite
a graduali vertigini
ad abbozzi di cielo
incerti seppure
ma prossimi già d'infinito
già oltre i vuoti di spazi che attraggono
già oltre un nulla celeste 
a ricompensa di tanto fremito
a compimento di tanta attesa

anche la notte si è alzata
indifferente al vento
e insieme sospingono foglie 
mendiche di un altro tempo
foglie che vanno, dimentiche
abbandonando strade
di nervature
e principi di steli

così, 
una notte mi prende, di vento,
nera
di occhi dietro i vetri
e respiro che appanna
pensieri che a dito
un attimo disegnano,
poi, si spegne, si quieta
in un battere d'ali qual era
svolazzo, ricamo di ozio, forzoso
nulla di fatto che te precedeva
prima che fossi, di nuovo
voce che apre a riso il mio cielo.

E si schiude, così, la notte
ed il vento è un piacere che prende
alla gola e confonde
il riso od il pianto, non conta
se sei tu
e sei già luce nell'aria
che accende, avido, il giorno.





viene voglia di lentezza

viene voglia di lentezza
da questo lato degli occhi
e di guardare tutto e non vedere nulla
come fa, forse, la notte
quando passa il suo velo
sulle memorie, sulle ubbie, le noie
viene voglia di raccogliere parole a giumelle
per lanciarle nell'aria e sentirle
cadere in un nulla che ovatta i pensieri
viene voglia di sera
e con te nella sera
di essere onda
riposta tra la spuma e la costa.

lunedì 20 ottobre 2014

Allora eri una piccola città

Allora eri una piccola città
Tutti, tutti predicevano per te un radioso futuro
Ti ho lasciata in un giorno a caso
Non ti poteva il mio tascapane
Già altre dita
E ombre
Si allungavano sul tuo corpo
Lunghe, troppo lunghe
Perché tu potessi difenderti
Perché io potessi salvarti
Ne avremmo sofferto entrambi
Di questa lotta impari e senza sconti
Ho camminato dentro di te
Come ora
Che percorro i tuoi vicoli
Finalmente svelati
Ora conosci anche tu
I punti di sosta
I belvedere da dove guardare
O attendere che si aprano
Nuove viste
Orizzonti ulteriori
Ora sai 
Perché per le tue vie non parlavo,
Allora,
Anche se ti sentivo
Come ora che in un sussurro
Ti dico l’amore
E lo facciamo
In una nostra appartenenza, nuova
Che ci dettava un tempo
Di quando ti accarezzo
Di quando senti il vento
Quando sola
Ti distrae un pensiero
Se a sera
Smetti le paure
E la mia mano ti segue
Sulle tue spalle
Nel luogo dove
Il cono d’ombra del buio
Scompare.

Sarai meravigliosa
A quest’ora
Come una città che si riscopre
Antica e nuova
Pregna d’amore.

a volte ho la notte, sul da farsi

a volte ho la notte, sul da farsi
davanti, come un naviglio
rimasto in petto
con paure da diporto
altre, è un appiglio d'uomo
solo per non pensare
ad altro che a superfici
pendule sugli abissi
quando non è la notte che pesa
ma il suo ristare
di minaccia nera a nuvolaglia
rappresa
a palizzare il cammino
foraneo di diga che ritiene
un computo, folle d'onde
ed istruzioni ché non vadano a toccare
amari
il fondo delle notti
i pensieri d'amare.

domenica 19 ottobre 2014

vivono di spalle

vivono di spalle
il loro amore con occhi
di ragazzi nascosti in fondo al petto
si muovono circospetti
come creature del mare
anche se il loro abisso chiede
solo aria all'aria
e luce alla luce che si nega

sanno di canne smosse
dal minimo refolo di vento
e le parole che dicono
sono il loro codice
il solo che intendano
quando il vuoto intorno
li opprime forte
e la mente non dà tregua e non trova
che negli occhi amati sole e ristoro

sono gli amanti
quelli che si cancellano nell'ombra
quelli che si trovano solo amandosi
sono la sabbia
quando le cose non hanno più forma
che non sia di labbra
così a fondo impresse
sul tagliente del corallo

sono loro, sì
nei loro giorni di porpora e fondali
sono loro ai margini
congiunti
soli
nella condanna
nella preghiera
sono loro che si amano davvero
per dare ed esserci
e mai portare via.

sabato 18 ottobre 2014

quanta volta del cielo ho cercato

quanta volta del cielo ho cercato
per giungere a un sorriso
che avesse in sé la brezza tra gli aranci
il lucore del sole sul selciato
e suadente lo spiraglio in apertura
di arco e iride sulle piogge
sovrano

così vedo
quando spiove
un sorriso che dico
e le labbra  riunirsi
appena
dopo un distacco
di sola terra, che è già un invito
al sole e dita
che accennano, di lontananze
e poi
riunite
a far festa,
come una stretta
di anime che non aspettano
altra volta degli occhi
che non sia il tuo cielo.


mi perdoneranno, queste piccole note

mi perdoneranno, queste piccole note
solitarie, senza suono che ne prolunghi
l'esistenza su patine eleganti
era solo un tentativo
un decidersi a sopravvivere
al loro destino in fine di rigo
staccarle dalla poesia

erano più in là
quanto bastava a non raggiungerle
nello spazio che non so dar loro

è solo un attimo
rescindere una visione
un sogno che chiede strada alle parole
è solo un attimo, bianco di silenzi
di segni contratti
di carta finita in un baratto
di vimini o latta

e non torneranno
quelle parole si richiuderanno
clandestine tra i pensieri
condolendosi di cosa non sarà stato
dei legamenti
delle consonanze
delle felici concordanze

nulla diranno, di te, le parole
non mi cercano più
le sconfitte, le inadatte, le distanti

rimane la voce degli occhi
e si intendono
essi sì, da e per sempre
stanchi
dolenti
tutto ciò, nonostante

A quello che dicono gli occhi
non servono finzioni o proclami
urgono solo le tue mani
da questo lato delle disperazioni
che siano di lacrime, che siano di suoni...

avere un fiore dentro

avere un fiore dentro
e cautele:
per avanzare
per scartare di lato
per camminare sul filo
senza farlo cadere
con precisione alata di trapezista,
con l'anima a sera dolente
in un sorriso di cameriere triste

avere un fiore dentro
da dare
ad un'anima da assimilare,
in trasparenze d'ali
carezzare
due parole per amare

avere un fiore dentro
come una canzone che rimane
striando un cielo umano di desideri:
un fiore dentro
per spiegare gli angoli del giorno
e dire che la vita
in ogni sua piega stringe
anche confuso
un petalo di sogno...

venerdì 17 ottobre 2014

era la parola abrasa

era la parola abrasa
a declinare a sera
come un margine irriso
nel balenio del giorno

l'ora si è fatta lenta
di più e sempre
ridotta nello spazio del rintocco
prima che un riverbero
sblocchi
il suono morto
delle tube
diffuso nelle crepe

allora
con certezze di rudere
sfilano verso il cielo
antichi steli
e morenti rimembranze

null'altro

per via era segnato
un finale di lontananze
e margini fluttuanti
di suoni di sogni di silenzi

la vita solo ora o tardi inizia a finire
da qualche parte
come un fischio riposto
nel tascapane senza fondo dell'assenza

e grazie, quindi
per ogni sorriso dimenticato
nelle altre stanze
tra comodini e immagini di sante.

giovedì 16 ottobre 2014

il mare negli occhi e l'attesa

il mare negli occhi e l'attesa
che s'apra un cielo di cimeli
che solo il ricordo indora
ti sento come non mai
riva di dentro
disadorna e infantile
per una volta ancora
nel mio abito stretto d'uomo
cresciuto addosso troppo in fretta

rimangono i richiami
distratti via
a muovere nell'anima
con versi che dissalano
bicchieri di lacrime in tempesta
e successive
a questa riva,
poco più,
a bordarmi gli occhi
con silenzio millenario di clessidra spuntata
e cocci
singolari e puntuti d'attimi
come fluitanti di un ritorno
al padre mentre
lente
le spalle anelano a un asilo
che si confonda di parole e sparse
visioni
di poco o più
di tanto o niente
intanto che si perde
per una volta ancora
la mia vigilia del presente.


mercoledì 15 ottobre 2014

fino ai tuoi occhi che sanno

fino ai tuoi occhi che sanno
si riforma il gomitolo dei gatti sulle soglie
dove mi fermo, di tanta
sovrana fissità a seguire
una coda
s
o
r
n
i
o
n
a
                                  e
l     e     n    t     i     s       s      i     m     a
avvolta in un pensiero a pelo
e palpebra rubata al sogno
in un pomeriggio da gatte
estive, irraggiungibili
fuori portata, fuori mano
gatte che solcano selciati
e balaustre intersecate
da zampe senza posa
e fusa d'altri tempi
come un ricordo di pini
e treni senza meta

ai miei gatti senza nome
bastava il pietrisco della massicciata
e per perdere il vizio
un fischio appena appena ritardato
come un ricordo su cui mi avvento
con un fanale di memoria che qua si spegne.



non più parole, (non senso)

non più parole,
mi lasciano
per correre migliori acque
la navicella indegna
di tanta lena

le parole sanno il silenzio, le sole
e m'accora
vizioso il giro
del dire e non
perché si taccia eppur
si sappia

ad Erostrato bastava poco
una carezza
ed Efeso era salva, lui
contento e sgarbato
invece la sera
sdilinque di me nella sua lingua
adorante di palilalie
e paligrafie
oscene, sì, e alquanto
sfiorando
le grazie dei grafemi lancinanti
forse mi maledice
la sera di cui non temo
che i bagliori
e non più che un patema
di un buio dov'essere
dove, come un chiarore risplende
un incavo di tuba
risuona...

domenica 12 ottobre 2014

Que ustedes sigáis siendo bien.

lo sgomento nel suo divenire
un pugno di cenere
e la punta del piede, sdrucciola
a non trovare appiglio
nel sasso che ribelle
si oppone alla condanna
era forse qualcosa così
la strada simulacro del cammino
il cammino indicativo della vita
così concisi
nell'ira breve
- oh, nulla di definitivo, sia chiaro -
del calcio in cerca di fragore
del vetro in attesa di un bagliore
del lampo in cerca di un cuore
o di una chioma
di una punta di ombrello
di un parafulmine
di un edificio con anime
al riparo dalla follia e dalla pioggia

mis palabras también, se fueron
buscando un amparo
brotando
sin sentido
sin lugares
que las quieran

rimane lo sgomento
affranto di parole
e un piccolo sole
poco più che un'arancia
una scorza d'uomo
uno sperone spezzato
un arcione sbilenco
e turcica, forse
una sella
chissà, cosa rimane, chissà
a riempire caselle
forse solo il solutore
il più accanito e abile
come nessuno massime fuori tempo.

Que ustedes sigáis siendo bien.


venerdì 10 ottobre 2014

ti vengo a trovare

ti vengo a trovare
nelle stanze dove tanto c'è ancora
che quasi si muove
di certo, il vocio sommesso
d'abiti impauriti nel vuoto degli armadi
e l'aria nera che li ingabbia tra le ante
ormai instabili e la parete
di fondo ci saranno i tuoi passi
senz'altro e un moto quasi impalpabile
d'aria che il vento traveste
a rinvenire sconnessure mai rimosse
di mattonelle vogliose di distacco
e le piccole cose
perse sui muri
le immagini oblunghe di santuari
dietro la biscottiera troppo grande
per non farne un ricettacolo di rosari e novene
sei ancora così, come ti vedo
come non sei mai stata
ché una madre non passa, mai
e non dirmi che eri vecchia
che poteva bastare:
eri sempre tu
più e meglio delle cose che non sanno ricordarti
perché poco valevano
e non altro importava
a volte
che quel lieve sfiorarsi di voce in lontananza
sempre accorta
compagna di ogni disperanza

io non so dove ora sia la tua morte
ma conosco ogni tua carezza
silenziosa
e mi mancano gli occhi
sempre pronti a perdonare
e la guancia stanca che a fatica immagino
sotto quel marmo
nel tuo trigesimo pronto
da accarezzare
con le mani che quasi mi mancano.



desiderata vorrei, 2

desiderata
vorrei, 2
che le mani sconfinassero nei silenzi
delle crespature minime d'onde
e toccate appena
solo appena
le sponde
posare le armi antiche del tempo
in una tana di fronde miste
di tamerici mirti lentischi
dove saperti
così come sei
mai casuale
anzi
come i fiori del mediterraneo
puntuale
a colorare vicinanze di mare
e risonanze di rive
vorrei
questo
il silenzio che sai dare
nel tuo sole dovuto
e ristare
un po' ramarro
un po' camaleonte
tra i massi e i gabbiani
al loro stridio alato di ronda
lo vorrei, sì
e forse è già stato
da sempre
come il rincorrersi
arruffato che ingrossa le onde
e tu
con la mano tra le mie
a trattenere il mondo.

mercoledì 8 ottobre 2014

desiderata

Desiderata.
Vorrei, 1.
Un giorno di tela/
passare
Oltre la cornice/
dare
respiro di prato a campitura
ed opera
di te alla trama
rilevante d'attesa.
Vorrei, i tuoi silenzi
d'occhi riportare
Di quadro in quadro
Attestare
I tuoi sguardi a sentinelle
Di cielo di dentro
Chiaro e senza tempo
Vorrei
Che il simbolo del volo
L'ala apparisse
In campo nobile a fregiare
Azzurra un tempo di stemmi a fiori antico e impronte
Nuove che incidono
Parole dritte
Come dei dardi che s'assetano di cuori.

martedì 7 ottobre 2014

poterci morire un po', l'un l'altra

poterci morire un po', l'un l'altra
non sapendo di tappo anzitempo svelto
e negli umori compartire la gioia
e scambiarsi, i desideri controvento
poi
mai chiusi gli occhi su di te
mi senti, questo so
con lentezza di fiume interno
e sciogliere la voglia e il lamento
a confortare
l’anima racchiusa
e alle braccia reggere
la presa delle tue mani
mi perdoni, questo so
che mi perdonerai
se trasfigura il tuo bel volto,
se strette
le labbra
con forza socchiusa
mi dicono, di lontano
e prossime 

voliamo.

lunedì 6 ottobre 2014

Torno a scrivere sui fogli da dimenticare

Torno a scrivere sui fogli da dimenticare
Rispettoso del loro pallore, candido
Come un ladro di soli suoni alle parole
Io non rubo che crepe alle mura
Quelle antiche, di rovine
E nient’altro ho da dire,
Nulla per gli occhi né per le dita adunche
Sono nelle mie stanze di solitudini consecutive
E amo il vuoto e il bianco
Amo le mani e i ricordi
Dove non entrano i giudizi efferati di chi non ama
Perché solo di un miracolo parlo
E non c’è pena né offesa che lo intacchi
Ché si moltiplica, da sé
Come l’attimo che si fa infinito.

E tu sei 
In quell’attimo 
Aspetto.

due linee

due linee
a segnare la meraviglia
sconvolgenti
a precipizio d'inguini
i miei disegni d'amori, d'isole, di soli
e sotto la pelle il caldo
e l'adolescenza, rapida
ho morso il tempo
senza una ragione da compartire
come se tutto fosse solo il mio finire
un breve sdilinquire
e pure no
si continuava tutto
in raggi di sole opposti
come i pollici sugli occhi
per non vedere
per non smettere di sentire

vorrei tornare ai miei disegni
e salirci, ancora lenti
e scivolare da quegli inguini
di sole linee
nel buio del grembo
dove ritrovo un senso
o chissà, quello che cercavo, da allora
oltre le linee nere, un tempo che colora.

domenica 5 ottobre 2014

Mateo E. L. sabes tu mirada

sabes tu mirada
conoces tus ojos
los labios temblando
y el sabor a fruta
por tu piel
paseas un mundo con alas
y patas de pájaro tímido y oloroso
sai il tuo sguardo
conosci le tue labbra
e il sapore di frutta
per la tua pelle
si porta un mondo a spasso fatto d'ali
e zampe di passero timido e odoroso
di resine che mi trattengono e ramo
dove risiede
placido il tuo battito
recondito nel cuore dove affonda nell'ala
complice un sorriso
staremo bene qui
in punta di ramo
un attimo prima che passi
il cielo negli occhi
saltiamo.

sono quello che invochi, un istante

sono quello che invochi, un istante
quando non sai che il tempo già insistito sopravanza
sono quello che viene
a spegnere il silenzio che segue al mio dio
sono quello che chiedi
quando non basta l'attesa
e manca
un respiro prima che il dolore si trasformi in pianto
io sono solo, per un istante
dopo, tu vieni
ed è il cielo che dura intorno al mondo.

sabato 4 ottobre 2014

io non so

io non so
quali e quando
né se
verranno parole di un tempo
non tuo
a dorare la gabbia
ad allentar le sbarre
non so
se le parole saranno un varco
che surroghi o sostituisca
i tuoi occhi
loro sì, loro, unendosi, si aprono
e insieme producono
sì, così: producono,
lo sguardo
ed io lo ricordo, ogni istante
e lo sostengo, quello sguardo
verso un indirizzo di rondini
quando mi perdo nel cielo
o verso un luogo di specchi
quando i pensieri miei
nei tuoi occhi si flettono.

rimaniamo prigionieri

rimaniamo prigionieri
di qualcosa che non può finire
perché ha avuto un inizio, vero
tutto il resto potrà dileguare
o avere solo fine
ché l'inizio era qualcosa di ordinario
o indefinito, vano
è la contesa di vivere
è la cosa che fatta capo ha
vivere, amare
o attendere
come una foglia
nel suo moto
quanto effimero, quanto eterno
tra il ramo e la terra

noi viviamo per vivere qui
tra i punti esatti di una geometria di anime
a segnare un cambio
tra la terra fragile e il ramo
ma foglie
sempre
impresse in fondo al cielo.

giovedì 2 ottobre 2014

calettarsi nella vita più grande

calettarsi nella vita più grande
l'enfia di parole e atti
con mani piccole e occhi di gatto
penetrare il mistero che separa
in maschio e femmina
anche i pani d'una vite
insinuarsi dove si allocano
logori d'utensìli le parti
e nel rigore dei loro alloggiamenti
trovare
quel grano che sfalsava di tanta perfezione
e sentire
dentro quel giorno
che nulla può bastare
ad attutire in tale ovatta
lo strepito
il frastuono
nell'intercapedine lontana
di luogo che rimane tana e si caletta
spazio, raro
tra la vita breve dell'uomo e l'altra
quella che di tanta attesa, agli atti, rimane.





ne partono tanti (deformazione professionale)

ne partono tanti
treni con le loro code
vispe quasi mai o appena
deste a lampeggiare nella sera
ché ci vuole fatica,
qualche inciampo da bestemmia

e scarpe tra i sassi da lavoro
anche per apporre le segnalazioni
così
come previsto
che il treno finisca
è nella norma
non scritta
che risiede la domanda
dove comincia
il treno senza faro
quello del non ritorno...

ne partono non sai quanti
per le vie ferrate intorno al mondo
e partono quasi tutti
solo qualcuno stretto al suo bavero
non parte, se ne va
sul suo binario ingombro ingoiato dalla luna.