lunedì 5 settembre 2016

Ritorniamo

Ritorniamo
Da questo piazzale*
Recita la stele
Partì la prima crociata
A sinistra, ingresso ambulanze
Mano nella mano
Se le paure sono una misura dell'infanzia
Entriamo svelti
A cercare certezze, sorrisi
Mi sento come le mie scarpe
Vecchie impolverate
Timorose
O testarde.
Dietro un numero
Ora aspettiamo
Se questo è un padre
Così ti amo.

* Su un edificio che si affaccia sul piazzale della chiesa di Santa Maria di Campagna, una stele ricorda che da lì partì la prima crociata.

ho camminato solo (en Calabre)

ho camminato solo
posando sulla terra antica
degli avi conquistatori
nel suo battito entomofago
ho udito le parlate loro
fuse nell’ansia del possesso
e della predazione
poi che tutti
sono passati di qua
come un canale obbligato
lungo costa
per rompere poi
varcate le Sile
sul versante opposto
Un trono di liquirizie è rimasto
un liquore intatto fatto di scie
di una chimica bizzarra
voltolante nei cieli,
i massi a mare,
e le argille,
le croci lungo le statali
e un rintocco da sfida radicata tanto,
una faida che si morde la coda

pure
il tempo delle Calabrie si va uniformando
anche qui
sembra che il tempo sia lo stesso
di quei luoghi che non urgono di un altrove
perché qui è ovunque
qui è lo spazio che parla di sé
e il tempo che si ripete
in una nullità celeste
e profonda
come una serchia che s’apre tra gli ulivi
e si inabissa
in cerca di una gora
per poter significare: ecco il mio pianto!
qui sono gli ulivi nel loro urlo scarmigliato
qui la vite col suo umore a distillare in ceppi sotto Natale

pure
tutto questo va passando, passerà
Degli scialli rimboccati
dei manti appesi agli usci
non rimane che un ricordo vago
un sentore di risacca
qui en Calabre
dove la vita è un battito
ho atteso che finisse
qualsiasi voglia di moto
mi interessavo solo
a una formica
al suo sogno di argilla
alla serpe affaticata
che ad anse traversava
le squame a strata a strata
per poi riprendere
non vista
o appena percepita
il suo cammino lungo linea
o vita.

domenica 4 settembre 2016

cchjù è rann

cchjù è rann
cchjù nta na mana ccinni capa
u cor è nucia
juscia senza riggettu
si fa vucia
c'ammutuliscia e aspettu
com na frugata 'e vent
ca si mpùa
e attrament
s'appiccia nta rua
l'anima nta nent.
più è grande
più in una mano ce ne sta
il cuore è noce
soffia senza sosta
si fa voce
che ammutolisce e aspetto
come una raffica di vento
che sospinge
e nel frattempo
si accende per via
l'anima in un niente.
(mi scuso per il mio italiano...)

sabato 3 settembre 2016

questo è differente

questo è differente
il sogno a cera persa
quella che tutto inonda
strabocchevole
profondo
incommensurabile nei suoi spazi
di chiari e vuoti
come d'acrolito
così era
differente
dal tempo verde
il colore di nuvola
gioconda
una tristezza
a cavalcare l'ala
di malinconia già fatta strada.

si mirano

si mirano
fermi nell'alto
e si dimentica lo stridore
sono i gabbiani in volo
non importa che planino
né dove o cosa
afferrino
c'è un altrove nell'aria
dove tutto è anima
e allora ben vengano
i gabbiani a planare
e nel loro stridore
una speranza nuova
come qualcosa di mai dimenticato
o di nascosto
un'aria, percorsa.