ti rileggo quasi
dalle tue pendici
dove la luce si fa strada
alle sette camere d'oro
ho gli occhi sporchi e le mani
'a vòcula non scende
e in volto mi s'apprende
fissa
una spera di sole
un disegno di gonne e scarpe
bianche
e denti che brillano di risa
occhi di gioia e piccoli scatti di furbizia
la pianta turgida d'olive
e 'a vocula che sale e scende
un ometto paziente che spinge e aiuta
nel salire e scendere
non sembra vero
nè una rampogna, una bestemmia
e 'a vòcula che sale, sale
fino a notte
al sonno sotto il tetto incannicciato
lo rileggo, quel giorno,
solo la luce non cambia
e le sette camere, d'oro pieno.
Madonna d'Itria è un santuario che ho sempre visto da casa dei miei, e salutato, mattina e sera, mormorando qualcosa che mia madre mi aveva insegnato... ancora oggi: è più forte di me.
E' il ricordo di una bella giornata, di quando ero bambino. Secondo tradizione si ascendeva a piedi, tra rovi e cespugli, in forte acclività, fino alla sommità del colle, dove era situata una chiesetta diruta, sul luogo dell'attuale santuario. All'epoca tale chiesetta presentava un tetto pericolante, fatto di canne e argilla, e lì, incuranti dei rischi, i paesani pernottavano dopo aver trascorso la giornata tra gli ulivi circostanti. Tra i giochi 'a vòcula (oppure vòcula abbàsc), ovvero l'altalena approntata legando una corda ad un ramo di ulivo eletto allo scopo.
Le sette camere d'oro ricorrono spesso nella favolistica, non solo del mio paese.
Aggiungo che Madonna d'Itria è sempre stato per me un problema per così dire linguistico, tanto essendo corrotta la voce nell'idioma locale da diventare 'Madonna Rita'...e se poi si aggiunge la devozione a Santa Rita, che in qualche modo era anche legata allo stesso santuario...una confusione! Ma tant'è...oggi tutto questo non esiste più, quanto a riti religiosi, e la collina del santuario, manco a dirlo, sta franando...ulivi compresi!
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