e più forte
una mano stretta
invincibile, come di madre eterna
la canea non si è sciolta
a tutt'oggi la sento
ma come attutita
o mi disinteresso al nero di viuzza
quasi meschino
alle code che si trascinano
alle lingue che in polvere schiamazzano
la mano, invece
quella mi intesse
mi parla di un'origine
di una forza
mi nega all'abbandono
e pure, tra la mano e i latrati
la memoria si scompone
la mano si fa velo, d'acqua sugli occhi
chini.
Ecco, un altro minuto per un ricordo che si innesta su una paura infantile, cioè quella dei randagi che spadroneggiavano quasi ululando per le vie della notte...erano proprio tanti, i cani, li immagino quasi organizzati in bande; la mano ovviamente era quella materna; il resto è forse una riflessione, o paragone, senza scomodare l'allegoria che richiede maggiore preparazione poetico-formale, o la metafora. Minuto scaduto.
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