lunedì 15 luglio 2013

diario, pagina 020511

lunedì, 02 maggio 2011
02.18
ecco, ora sono solo, o quasi...anzi no, il numero dei presenti non è mutato, diversamente dal mio stato d'animo: quello sì, è cambiato, è meno rabbioso, accoglie la notte più alta, o più profonda, o più nera, a scelta, oppure tutte queste condizioni messe insieme, basta che nessuno senta i miei pensieri...non chiedo molto, in fondo, in cambio di questo impegno notturno, che non scade, non scema, benché mi senta fortemente attratto, in questo punto della notte, da una insopprimibile necessità di solitudine: per nessun motivo vorrei qualcuno accanto, ma gentilmente, gentilmente declinando, fosse anche a capo chino, perché nessuno se ne abbia a male, se ne adonti...
è l'ora in cui le locomotive in sosta sul piazzale sembrano quasi perdere le loro certezze, la prepotenza allo spunto rinfoderata, i finestrini delle vetture come solo abbozzati, i grandi orologi delle pensiline avvolti in un che di liquido, come un alone di incertezza, di inquietudine, sì, a questa altezza della notte l'ora è meno esatta, meno importante, si può trattare e, volendo, anche ingannarsi: conta la luce dell'alba, se e quando sarà, queste di colore nero sono ore a perdere, quelle che nessuno si sognerebbe di comprare, e nemmeno di prendere in affitto: non sono un buon investimento, sono, appunto, una perdita di tempo...

da tanti anni vivo in queste ore che nessuno raccoglie, che molti, i più, non conoscono...ormai ci sappiamo, sappiamo i nostri limiti, la limitazione dell'essere, dell'esistere, dello stare, in questo punto del giorno capovolto...ma poi vai a sapere, se non è il giorno ad essere una notte capovolta...existere, esistere al di fuori...mah!
le locomotive luccicano sottovoce, ma sono solo riflessi, le lisciano luci di paline svogliatamente dispettose: qualsiasi corazza, di animale, di mezzo meccanico o cosa, rilucerebbe di questa luce impropria...
gli addetti alle pulizie lavorano in silenzio, ovviamente sono quasi tutti immigrati, eppure sono loro che conoscono ogni anfratto di carrozza, di marciapiede, di angolo della stazione, ogni tanto qualcuno sbuca da dietro un materiale in sosta, con una agilità che colpisce...e qualcosa vorrà pur dire in questa Italia in affanno, vabbè...
le luci sono basse, lo stomaco è stanco di vedere e pensare, e anche di compresse; io sono stanco di me, e di queste notti non so cosa dire, certamente che mi hanno dato da pensare, che mi hanno scavato, come io le ho scavate, forse senza capire -ancora!- se qualcosa ho trovato e cosa;
ad ogni buon conto, raramente riesco a trovare il tempo di scrivere al mio diario, che di sicuro non mi legge... tantoppiù che sappiamo benissimo entrambi, io e il mio diario, che sarà sempre lui a precedermi, come il destino sempre in agguato sulla strada che faccio per evitarlo... almeno fino a quando sarà lui, fatalmente, giornalmente, a inscrivermi...
intanto posso guardare, e godermi, la fila di rotaie, oscenamente, -spietatamente- asintotica, che va a sparire verso un punto che non è buona cosa conoscere... che importa, del resto... prima o poi, una svolta si impone, proprio in quel punto, esatto più di quanto si possa immaginare, in cui le rotaie sembrano confondersi... invece no, è solo l'ottica a illudere: sono serpi, semplicissime serpi in amore, svestite a maggio...
e va bene, il giorno è pronto a ricomporci... sento le serpi tossire, ma ancora per poco, poi tutto ricomincia daccapo, il primo pantografo si alza dal tetto della locomotiva, tocca il filo della ''tremila'' con uno schiocco, li conto, due, tre schiocchi in successione, un tremolio nell'aria, e poi la locomotiva comincia a fare i suoi versi, le altre la seguono, quasi ridestate ad un segnale, e così numeri e formichine riprendiamo la marcia... la notte esita ancora un po', la luna spegne i suoi buchi, e come tanti piccoli vermi rientriamo nel trionfo del giorno... un'altra notte buttata al vento, e il solito merlo che comincerà a cantare mentre metto in moto la macchina per andar via... credo che sia sempre lo stesso merlo, da trentadue anni, ogni mattino, che piova, nevichi, o ci sia il sole... ''credo che sia''? forse dovrei dire ''credo si tratti'', ma mi trattengo, giusto per un po' di ambiguità, o di contegno.
03.31

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