A Lorenzo, nel 28 di maggio.
Sono 102 anni dalla Tua
nascita, Lorenzo, e mi permetto di darTi del Tu, anche se sarebbe,
per la nostra genìa, più normale un 'Voi', maiuscolo. Centodue
anni, metà vissuti sulla linea tra la terra e il cielo, metà
nell'altra parte, quella dove è forse dato solo alle anime di
parlare, senza l'impaccio e gli intrichi dei corpi che le ospitarono.
Ho raccolto con fatica
notizie sulla Vostra esistenza, oggi mi domando se ne sia valsa la
pena, se veramente avessi bisogno di sapere di più dei vostri
giorni, se sia inscindibile la vita dall'opera, essendo quest'ultima,
pur così trascurata, ciò che rimane: la polpa, se mi passate il
termine; a Voi, invece, il dolore della scorza, o forse il dolore del
carapace che preme sulla viva pelle, sul dorso piagato.
Oggi che molti sanno di voi e cercano
di interpretarvi...
Vorrei che riuscissero a
capire e capirvi, o sarebbero del tutto inutili questi convegni...lo
sapevate che dopo millenni dalla nascita della Magna Grecia anche in
Calabria è arrivata l'università? E che oggi qualcuno vi studia,
anche seriamente? Vi accostano ad altri poeti, uno addirittura
alsaziano, non lo definiscono neanche francese, ma alsaziano, mi pare
si chiami 'De Dadelsen', sì, Jean-Paul De Dadelsen, ma non so dirVi
di più...li agita ancora quella voglia pruriginosa di ricercare
accostamenti tra folli, visionari, personaggi strani...lasciamo
stare, non voglio tediarVi con queste sciocchezze, solo dirvi che non
molto è cambiato, per certa critica...Volevo pure dirVi che a
Cosenza e a Palmi, dove custodiscono i Vostri quaderni, hanno
organizzato e realizzato delle giornate di studio dai titoli
interessantissimi- spero che lo siano state anche nei contenuti- con
studiosi da molte università, italiane e straniere. C'era anche il
giornalista e critico Giuseppe Tedeschi, Vi ricordate, vero? Uno dei
pochi che ha saputo capirvi per tempo, insieme all'editore Roberto
Lerici... lui purtroppo ci ha lasciati troppo presto. Anche
Sinisgalli sarebbe contento per Voi, finalmente...che volete farci!
(Veramente non so se lassù insieme ammiccate per l'ingenuità delle
mie parole di sconosciuto, ma insomma...)
Vi conobbi negli anni
settanta, ero un ragazzino, mio padre mi aveva trasmesso l'amore per
tutto il buono e il bello della Calabria...fui contento quando
riuscìi prima a mettere insieme 4.500 lire e poi a trovare quel
libricino, edito dal napoletano Guida, 'Storia della letteratura
calabrese', del professor Antonio Piromalli, dove per la prima volta
incontrai il Vostro nome, unitamente a quello di altri ancora più o
meno ignoti, Costabile, Pane, Florio, Strati...- andavo a memoria,
perdonatemi-, e mi illudevo di poter smettere di cercarne altri, di
calabresi, in quella specie di almanacchi che sono le note
biografiche a chiusura delle antologie...Voi non c'eravate mai, ci
trovavo Antonino Anile, Corrado Alvaro, Virgilio Lilli, qualche volta
Leonida Rèpaci...Voi sempre tenuto da parte!
Ma ora ho raccolto la
Vostra opera, quasi completa, ho passato ore e ore davanti a questa
macchinetta luminosa che serve anche per scrivere... sapete, è una
specie di macchina per scrivere, ma molto più veloce, sembra che per
mezzo di essa si possa sapere quasi tutto di tutti, ma a noi- se mi
passate il pronome- questo interessa relativamente...a Voi
bastavano le parole che avevate dentro per creare e ricreare,
attraverso la poesia o il silenzio che la delimita, un linguaggio e
altri linguaggi ancora che vi si potessero innestare, successivi.
Non so se riuscirò mai a
leggere tutte le parole che ci avete lasciato, se vorrò farlo, ché
leggo pochissimo, quasi nulla, o se mi distrarrò ad immaginare le
parole mancanti, le non dette. Ieri e per la prima volta ho parlato
di voi in famiglia, come se foste presente, l'ho fatto forse
perché i miei cari avessero modo di razionalizzare i miei silenzi,
perché sapessero di cosa tacevo, quali mormorìi nascondessero i
miei aggrottamenti di ciglia. Uno dei miei figli Vi ha paragonato a
Don Chisciotte...gli ho detto che sulle prime anch'io avevo azzardato
questo paragone, ma che non è proprio così, non precisamente: il
cavaliere manchego è più legato alla terra rispetto a Voi, non Vi
ci vedo armato contro un mulino, quali che ne siano le implicazioni,
Voi al mulino avreste parlato, lo avreste accettato, amato,
descritto, forse dimenticato...e la follia, lasciamo perdere questa
diceria: Voi sapevate, e a volte questo comporta il disuso della
ragione, non la sua dismissione. Detto di Voi, poi..che siete passato
per Villa Nuccia, in anni in cui quella struttura era universalmente
nota in Calabria, fino a entrare, portatrice di turbamento, nel
linguaggio e nell'immaginazione quotidiani, detto di Voi che avete
amato anche Villa Nuccia!
In tutti questi anni sono
arrivato ad una conclusione, se esistono le conclusioni, se non è un
paradosso anche la parola conclusione...ho sentito per voi parole di
mia madre, troppe volte udite, quando descrive la fine di una persona
degna, come semplicemente definiamo chi in vita ha meritato: 'è
stat, è stat, pò è mort...', proprio così, così direi di
Voi: è stato, è stato, finché è morto, che ai più
sembrerà sciocco o lapalissiano, soprattutto se nel sangue non si
portano il dramma e la tragedia dei greci; a quelli che invece
sentono dentro di sé queste due componenti ho la presunzione di
credere che quella frase, quella sigla a sigillo, non necessiti
di spiegazioni ulteriori.
Ora Vi chiedo solo di
perdonare il mio ardire, per essermi in qualche modo troppo
avvicinato a Voi: io non ho avuto il coraggio di accettare che la
vita fosse solo poesia, fino all'annullamento di tutto il resto, non
sono riuscito a non 'amare', ad accettare l'amore dell'amore, a non
farmi delimitare da una professione, una ubicazione, una tempistica,
ho rinunciato, sì, ma non dimentico: la poesia mi ha fatto paura,
avrò sbagliato, avrò fatto bene, non saprei, ma c'è stato un tempo
in cui tutto mi era intorno e nulla penetrava nei miei desideri che
non fosse spirito...poi, lentamente, hanno vinto la carne, la carta
straccia, la viltà dei giorni, la ragione comune, le ragioni che non
mi spiego: tutti hanno vinto, anche la mia paura.
Mi rimangono, nel mio
piccolo, alcune certezze, ed una siete Voi, dottor Lorenzo: grazie,
auguri!
Cataldo Antonio Amoruso.
Si confonde questo meraviglioso
plenilunio.
Si confonde questo meraviglioso plenilunio.
Lo spazio concavo
era
una meravigliosa
uccelliera,
dove a un nido, ad
un bacio ignorato
fluivano
meravigliosi i fiumi,
di cui vedevamo la
meraviglia da lungi
nel nostro silenzio
ch'era fame.
(da 'Ma questo', Lerici
Editori) 28-5-12
Nessun commento:
Posta un commento