Cosa ne farò e ne sarà di tutte queste ore che da mesi dedico alla lettura e al controllo dell'opera storiografica di Giovan Francesco Pugliese (1789-1855) non lo so e non saprei dirlo...Aspetto che 'la cosa' maturi, nel senso che aspetto di capire infine perché sto scavando nelle mie radici e nelle mie origini. Non aver reperito i due volumi di cui parlo in tempo per leggerli con mio padre (anzi: con papà) mi spiace, mi duole e mi sa anche un tantino di scherzo del destino: credevo fossero irreperibili, e invece bastava andare a cercarli su Google Books...L'ho anche segnalato ad un quotidiano on line del mio paese, e mi avrebbe fatto piacere che una sola persona, anche una soltanto, avesse dato un cenno di gioia per questa 'scoperta', o possibilità, per giunta gratuita, da condividere.
La 'cosa' alla quale sto lavorando, o meglio 'che mi sta impegnando', comincia così:
A proposito di Giovan Francesco Pugliese mi piace premettere alla sua opera questa nota, tratta da ‘Biblioteca storica topografica delle Calabrie’, dell’Avvocato Niccola (sic) Falcone da Verzino, Napoli 1846.
La patria di questo benemerito e dotto scrittore
è Cirò di cui ora è unica attuale illustrazione. Egli professa giurisprudenza,
e benché di proposito non la eserciti, pure adopera la sua dottrina dando consiglio a coloro che in difficili affari ne
lo richieggono, rendendosi in questo
modo utile alla sua patria, ed ai paesi circonvicini. Egli nel 1826 pei tipi del Tiziano in
Napoli rese di pubblica ragione un ‘Compendio
sulle attribuzioni de’ regi Giudici’:
lavoro molto utile per i forensi. Ha scritto la storia di Cirò, della
quale fa sperarne la
pubblicazione. Io mi auguro ciò voglia verificarsi pria che io riduca a termine la stampa di
questo mio lavoro, perché abbia
l’occasione di esporre un’opera che sarà certo di molto merito e gradita ai cultori della storia. E se il sig. Pugliese volesse ancor più soddisfare i voti di tutti,
pubblicherebbe il suo ‘Itinerario
da Squillace a Napoli’, lavoro senza dubbio
dottissimo, precisamente in
fatto di archeologia. Possano dunque tai voti essere esauditi, ed io ne porgo all’autore le più
vive preghiere.
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La prosa, la ‘scrittura’, del Pugliese,
differiscono dalla attuale anche nella loro ‘resa grafica’, per così dire:
delle occorrenze più evidenti riporto l’uso dei due punti in luogo delle
virgole e delle iniziali maiuscole nel corpo del periodo. Anche nella
coniugazione verbale vi sono degli esiti che attualmente risultano come
‘errori’: non ho avuto l’ardire di applicare la grammatica e l’ortografia
correnti, ovvero di correggere od emendare, il testo originale, poiché ritengo
che tale originalità vada sempre e comunque, almeno in certa misura,
rispettata, e che l’onere, ma anche il piacere, dell’interpretazione rimangano
a carico del ‘lettore moderno’. Quelli di cui sopra sono rilievi ininfluenti,
ché l’opera di Giovan Francesco Pugliese è di primaria importanza per la
storiografia non solo di Cirò, ma anche della Calabria e del Sud più in
generale, divenendo fonte cui attingere per tutti gli storiografi locali- ma
non solo-, improvvisati o meno che siano; a maggior ragione quando si parla di
territori le cui ‘memorie’ -leggi soprattutto archivi- sono stati spesso, e non
a caso, saccheggiati o distrutti, fatti oggetto di ‘cesìna’, come forse direbbe
il Nostro.
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Occorrerà anche
premettere, forse, che per gli abitanti di Cirò e Cirò Marina è ovvio,
scontato, almeno sapere che nei pressi di Punta Alice esistette una colonia
greca chiamata Krimisa o Cremissa, dalla quale sarebbe poi sorta Cirò, e infine
Cirò Marina. Questo è, nell’immaginario collettivo ‘locale’, supportato dagli
scavi dell’archeologo trentino Paolo Orsi, grande e ostinato nella sua ricerca
della Krimisa magnogreca che le paludi, l’incuria, i saccheggi, avevano
cancellato alla vista degli uomini. L’impegno di Paolo Orsi fu premiato nel
1924 con il ritorno alla luce dei resti della città-santuario di Krimisa e del
suo Templum Apollinis.
Al
tempo di Giovan Francesco Pugliese la situazione era alquanto diversa: i
ritrovamenti archeologici si riducevano a ben poca cosa, e l’esistenza della
colonia greca si basava soprattutto su fonti letterarie e librastiche più in
generale…Verrebbe da dire che si trattava quasi più di un atto di fede nella
storiografia che di verità storica accertata, scientificamente provata.
Non a
caso l’autore, già dalle prime battute della ‘Descrizione’, parla, quasi
chiedendo venia, di una sorta di ricorso
alle origini molto, troppo, favolose e favolistiche, non solo della sua
amata e sognata Krimisa, ma di tutte le altre località della Magna Grecia, nel ricordo
e nel richiamo ad un passato grandioso che non trovava, e non trova, riscontro
alcuno né ai tempi del Pugliese, né in quelli attuali.
Quella Magna Grecia che faceva dire all’altro
cirotano Luigi Siciliani (1881-1925), il traduttore dei poeti erotici
dell’antologia palatina:
Hera
ed Apollo non sono signori di templi sui flutti
Dileguarono
insieme per sempre gli umani e gli iddìi.
Cupo
squallore, miseria profonda ci aduggia da allora!
Noi
che chiamati fummo greci, ma greci più grandi,
noi,
ora siamo negletti in solitario abbandono.
(Capo Crimisa, in ‘Sogni pagani’, poi in
‘L’altare del Fauno’).
P.S.: lo so già che non me ne farò nulla, che improvvisamente dimenticherò tutte queste ore con il collo che mi fa male e gli occhi che mi sfarfallano...
Salve, ringrazio per l'attenzione e mi scuso per il ritardo con cui le rispondo, dovuto al fatto che non scrivo quasi più su questo blog e che molto raramente capita che vi siano dei commenti. Può scrivermi in privato, se vuole, la mia mail è riportata su questa pagina. Le 'due chiacchiere' sono senz'altro gradite.
RispondiEliminaSaluti,
Cataldo.