...fossero solo i croccantini, o questi sacchettini gelatinosi che svuota nel mio piatto! lo chiama 'ciotola', tutti chiamano con questo nome il mio piatto, e fin qui passi pure...ma quando lo spingono col piede perché magari è troppo vicino al frigo, o perché vanno di fretta, che rabbia!... e l'acqua, anche quella per l'acqua è una ciotola? Forse dovrei cominciare a parlare come loro, a meravigliarmi a mia volta quando finalmente capiscono cosa sto dicendo o facendo...ma tu guarda! C'è stato un tempo, un periodo non breve tra l'altro, in cui 'lui' voleva insegnarmi a mangiare con le posate, dalla sua mano...credo si chiami forchetta, quella cosa spaventosa che mi agitava davanti alle labbra...e dovevate sentirlo come si mostrava carino, convincente, lezioso anche, sempre con quei micia di qua e micia di là...io facevo finta di imparare da lui e assaggiavo qualcosa, mi veniva bene la scenetta, sembrava quasi una commediola ad arte; poi lui, che sulle prime si atteggiava a gran domatore di istinti gatteschi, col tempo ha mollato la presa, ha capito che io già sapevo, e se da un lato lo assecondavo, dall'altro... beh, devo dire che un po' lo commiseravo, un po' mi faceva pena questa ossessiva ricerca degli umani di dimostrare di essere in grado di compiere con successo azioni inusuali, o perlomeno di brillare in qualche cosa...e devo dire che alla fine ha capito che a me bastava per mangiare in pace che lasciasse il mio piatto, col mio bicchiere, al loro posto, e senza spostarli col piede, soprattutto, cosa questa che io mai mi sognerei di fare sulla loro tavola, alla quale peraltro nanche siedo... Ma queste sono cose vecchie, appartengono al passato, ora comincio ad avere i miei anni ed i rimpianti crescono, anche se per mia natura non mi lamento...Forse c'è solo una cosa, purtroppo non da poco, sulla quale mi trovo spesso a riflettere, ma senza tante smorfie o lamenti: non ho avuto figli, e questa non è stata una mia scelta, sono stati loro a deciderlo per me, non lui, a dire il vero, ma siccome non ha avuto il coraggio di imporsi mi viene da dire che, se di colpa si tratta, neanche lui ne va esente. Ma tant'è... quando ci penso ho bisogno di fermarmi a guardare da una finestra, di affacciarmi dalla porta socchiusa su un mondo di scale, e liberare i desideri, i sogni, tra i fili di pioggia, che sento potrebbero condurmi in un altro luogo lontano da questo, dove posso correre liberamente, afferrare con tenera cautela per la colllottola i piccoli che non ho avuto e dar loro tutto il mio latte e il mio bene... e poi tornare qui, in questa casa dove tutti mi amano e coccolano.
Se non fosse che oggi il bisogno di starmene dietro i vetri, indolente come una gatta indolente, è forse più forte che mai.
Un fruscio di passi felpati che si coglie appena... non può trattarsi che di uno dei due, uomo o gatta che sia.
Purché non smettano, il silenzio e pioggia.
Nessun commento:
Posta un commento