il mio mare di bambino cominciava sempre alla stessa ora
dal bordo di una barca immobile
dove finivano i terremoti
a cuccuvedda li annunciava
quasi a scherzare tragica
finivano in risa di pantàsimi
e radici sguainate, nere del mandarino enorme
a notte di lenzuola che scuoteva il vento
nei fili e ferro che vibravano
tumidi di pioggia, i resistenti
in pali che indovinavo infissi nel costato
dei guerrieri sotterranei, i sempre presenti
il mio mare finiva dove cominciava l'incubo delle caverne
alla stessa ora che segnava il tempo
un fischio di locomotiva, come un ritardo che tutto riconduce a capo
e andavo,
a lato di rovine
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