mercoledì 9 luglio 2014

Una vecchia pagina di diario.

lunedì, 06 giugno 2011
frammenti
2.35 
ringrazio decisamente; credo che la memoria mi stia abbandonando; in un modo abbastanza perfido, sfuggente, come mi ero ripromesso, seppure lo temessi, paventandone le conseguenze, in vero cercandole; doveva andare così, non per mera fatalità o abbandono al destino, no, tutt'altro: doveva andare così conseguentemente, per un preciso susseguirsi di cause ed effetti, semplicemente, punto...
2.36 
la mano destra si staccò dal mouse, lentamente il medio e l'indice si posarono tra la fronte e gli occhi, all'attaccatura del naso, poi le due dita furono più in alto, a fregare leggermente la fronte, poi di nuovo giù, a sfiorare la tastiera...
2.37 
...mo'?, che facciamo?
2.38
lasciamo perdere, ecco cosa facciamo! il tempo è finito, come è mestieri che sia (è una finezza? ho commesso una finezza? vallo a sapere, vaya uno a saber...)
2.39 ...
ci siamo visti: era allo stesso modo inevitabile e importante; ci siamo visti ed in fondo non riesco a spiegarmelo: a dirlo, forse sì; oppure no, non sono io a poterlo dire... ad ogni modo, essersi visti è occasione fondamentale, di sopravvivenza vorrei aggiungere, o affermare che si tratta di qualcosa di essenziale: qualcuno - magari sognatore o buontempone - dice che un attimo prima di andarsene tutta la vita passa davanti agli occhi... ecco, probabilmente essersi visti è questo: le immagini di un viatico, quello che rimane da vedere, quello che si mette da parte per le scene finali... sì, può essere, potrebbe anche essere; quello che mi attira di questo ''vedere sé stessi'' è la sua ineffabilità, l'assoluta anarchia, l'inspiegabilità, con cui viene a manifestarsi, questo vedersi in un certo momento che quasi sempre si è perso nel tempo, nei meandri del vissuto, visioni - il vedersi, appunto - in atti che non hanno, perlomeno in apparenza, più legame alcuno con l'attuale, col presente... rivedersi in istantanee indicibili, troppo difficili da spiegare, inutili a chiunque, piccole, personalissime solitudini, intraducibili...
2.40
...
non smette di piovere, me ne giovo...
2.41
...
ho esordito ringraziando, e proseguito parlando di memoria da cancellare, di condizioni, situazioni, dovute a cause ed effetti, e delle visioni di sé, inspiegabili, forse meglio: insindacabili;
e di fronte, naso, dita
e di piogge
di notti
2.41
d'innumerati elenchi dove si parlava di nulla, dove io non dicevo nulla, dove nulla, di me, era sufficiente a farmi dire...
3.11
senonché, alle 03.11, alcune parole, fino ad allora in religioso silenzio, si staccarono dal fondo, avanzarono, presero forma, violente, in un crescendo inarrestabile, chiedendo, esigendo, passando rapidamente all'incasso, presentandosi come, spacciandosi urlando gridando muti i quattro venti più forte il tempo nessuno lasso hai lasso, hai, ahi, tu hai l'asso, infame, parolina, indegna, che torni al tuo fondo, infame infedele grigiastra, parola senza punto né capo, e mi bussi, sussurri, mi calmi, parola d'amare, da more, da vele, da vero, davvero, infingarda, attendendo, una mela tu mordi, rimorsi, riveli, poi chiudi le ante tu canti tu santa tu troia tu banda parola che suggi mi sfuggi, parola di nulla che dici ch'è tempo, il tuo tempo, il mio tempo d'andare, di morte, di marte, di carte, di tarte, di sarte, a lisbona, pessoa, ci guarda le cosce, e poi dice che a coustureira, e che volevi, con cento lire lire, che ti facessi anche l'ascensore? i capelli ti taglio scale scale, ma tu, tu dimmi, dimmi ora, dimmi ora mia dimora di more  e di sangue dolce di mattatoi di licenze, tu dimmi, memoria che mi morìa, tu dimmi me moria che muori nel sangue slavato tu dimmi, dimmi..
3.12
non ricordo tu dirmi, tu udirmi...
3.13
alcune visioni, però, credo mi abbiano sfiorato:
3.14
di sicuro mi hanno fatto male e non poco.
3.15 
Ecco, a un certo punto questa notte mi sono visto così, e non tedierò nessuno coi particolari di quanto ho scritto, pur riconoscendovi cose e attimi che non oso ridire, immagini che fanno parte di quel mio viatico personale che prima o poi dovrò veder passare in rapida sequenza, o carrellata; certo potevo tacere o magari dire meglio, ma ho preferito ''vedere me stesso'', o forse dovrei dire, più che ''me stesso'', vedere questa realtà con la quale ancora lotto... almeno a volte, per così dire... (ho detto ''con'' la quale, non ''contro'' la quale).
3.18 
Anche se ho dovuto accettare il sacrificio di non poche virgole: mi stavano qui! (porta l'indice destro sotto il mento, lo tocca quasi a sincerarsene, sul polpastrello qualcosa di farinoso...)
3.19...
manca poco, un sorriso appena appena, un pizzo a riso, già, poi pensò alle parole che si erano alzate dal fondo, perché non svelarle... dopo tutto... ma sì, erano tutti avverbi, un po' rigidi, invariabili, parti del discorso... parole che non chiedevano nulla, proprio nulla... capì allora di essersi sbagliato, avrebbe voluto stringere tra le mani quella sua grammatica gualcita dagli anni, l'unico libro sottolineato, quel ricettario di esse impure e di vuole sempre l'apostrofo e mai l'accento, di mai l'articolo e sempre il possessivo, ed esempi ed esercizi... ma vallo a trovare, a quest'ora, quel libro, e poi... poi come lo spiego che ancora mi vedo con questo libro, e ripeto a quantunque, sebbene, finché... le mie scuse, che non volevo essere scortese od offenderli, che li capisco, lo so, sono avverbi, e come tali o per quanto, giammai si leverebbero dal fondo - e di cosa? - a chiedere, a mettersi in posa, e poi cosa?... oh! ora basta!!!

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