Da: Opere di Torquato Tasso, colle controversie, ecc. vol. XIV.
LETTERE
DCCXXII.
Al Signor Don Vincenzo Caracciolo. Illustre Signor e
Padron mio Osservandissimo.
La tarda consolazione delle
lettere di V. Signoria non può esser ripresa; perché non è in tutto passato il
tempo della sua cortesia, e della mia speranza del venire.
Dogliomi nondimeno che mi
fossero date il sabato a sera dopo la partenza del procaccio, acciò ch’io non
potessi per quell'ordinario medesimo mandarle due sonetti, ch'io le mando, nel
soggetto, nel quale piange, e canta tutto Napoli. Fra quelle di tanti saranno
meno osservate le mie pazzie: a più lungo poetare non fui mai peggio disposto.
Sono stato defraudato di due altri sonetti scritti a V. Signoria. Del primo
mandatole da Fiorenza per la strada del Sig. Fabbrizio Caraffa, ho perduto la
copia; dell'altro la serbo, e farò prova di ricopiarlo: e bacio a V. Signoria
la mano . Da Roma, l’11 Novembre del 1590.
È sopraggiunta la febbre, o
accresciuta, la qual potrebbe ritenermi più di quel ch'io vorrei. Laonde non so
quel che deliberare: ed avrei bisogno delle raccomandazioni di V. Signoria a
qualche Signore di questa Corte.
IN MORTE DI
DUE NOBILISSIMI AMANTI.
Piangete, o Grazie, e voi
piangete, o Amori,
Feri trofei di morte, e fere spoglie
Di bella coppia, cui n’ invidia e toglie,
E negre pompe e tenebrosi orrori.
Piangete, o Ninfe, e ‘n lei
versate i fiori,
Pinti d’antichi lai l’umide foglie;
E tutte voi, che le pietose doglie
Stillate a prova, e i lacrimosi odori.
Piangete, Erato, e Clio, l’orribil caso;
E sparga in flebil suono amaro pianto,
In vece d’acque dolci, omai Parnaso.
Piangi, Napoli mesta, in bruno manto,
Di beltà, di virtù l’oscuro
caso;
E 'n lutto l'armonia rivolga
il canto.
Alme leggiadre a maraviglia, e belle,
Che soffriste morendo aspro
martiro,
Se morte, amor, fortuna, il
Ciel v’uniro,
Nulla più vi divide, e più vi svelle;
Ma, quai raggi congiunti, o pur
facelle
D'immortale splendor nel terzo giro,
Già fiammeggiate; e del gentil desiro
Son più lucenti le serene
stelle.
Anzi è di vostra colpa il Cielo adorno,
( Se pur è colpa in duo cortesi amanti )
Fatto più bello all'amoroso
scorno.
Chi biasma il vostro error ne'
tristi pianti,
Incolpi il Sol, che ne condusse il giorno,
Ch'in tal guisa fallir le stelle erranti.
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