Durante
l'insalata.
Questa sera, durante
l'insalata, mi sovvieni.
L'insalata non è
casuale, come mi hai insegnato, anzi: una insalata non è mai
casuale, tutt'al più, una insalata è qualcosa di estemporaneo,
nonché, almeno per il sottoscritto, qualcosa di raro, intimo.
Sicchè, per stasera,
vada per insalata e, plurale majestatis, avanzi e fastidio,
riordiniamo e deroghiamo.
Cioè, io e me, abbiamo
mangiato una insalata.
E abbiamo lasciato
inevase le stoviglie.
Talché bisognerà
evitare che l'occhio avversario venga catturato da questo immondo
scenario di lavabo osseo post comida: lavabo che va ad essere
carcomido, ovvero consunto da incrostazioni, e in fondo comido a caro
prezzo... ridicolo, questo ricordo di stagione a basso prezzo, che
risuona più o meno come 'hotel?' 'cheap', 'barato'... 'barato?'...
sì, hay, pero...
Qui cominciano i soliti
pero, i ma, sed, verum tamen, ni bien, but, und so weiter...
E il resoconto delle
vacanze langue, mentre penso ad altro.
Dobbiamo (è sempre il
plurale majestatis che parla), pagare tutto, anche questa stagione,
anche questa insalata...
Cioè...
Anzi: miseria dei
'cioè', degli autori dei 'cioè': avevi ragione tu, che per questa
semplice parola stasera mi sovvieni, odiato professore che non
ammettevi l'uso di questa scorciatoia indegna, di questa
ammissibilità di venia... chissà, forse pensavi di doverci
insegnare che il problema e la falla erano sempre a monte dei nostri
'cioè', troppo giovanili, troppo sciatti, un futile intercalare che
diventava insostituibile, un prendersi tempo e spazio senza motivo:
avevi ragione, e lo capivo allo stesso modo in cui non ho mai voluto
riconoscerlo: detestandoti.
Detestandoti perchè a
te non avremmo mai concesso che avessi ragione: mi ritengo io il più
colpevole, quello che l'aveva interamente capito, ma che aveva
bisogno di te come oppositore: stando dalla tua parte mi avresti
evitato troppi errori, mi avresti indirizzato, ed io non volevo
indirizzi, esigevo i miei errori, e forse avrei solo voluto urlarti
qualsiasi cosa, o semplicemente dirti che ti capivo, ma volevo
comunque stare dalla parte dei miei coetanei, e forse compagni, stare
con loro aspettando di sbagliare una volta per sempre, già, non come
avevo scritto allora su un muro, quelle volte che pensavo - chissà
perché - che in fondo è meglio sbagliare sempre piuttosto che una
volta per sempre... una frase che ancora ricordo, che scrissi vicino
alla porta dei bagni, pardòn, dei cessi, all'altezza di un sesso
enorme, a matita, di quelli che si possono disegnare solo sui muri
delle scuole senza sentirsi ridicoli, aspettando i minuti di troppo
per rientrare in aula in ritardo e sentirsi, davanti a te che ci
osservavi e non parlavi, grandi o importanti.
Oppure stupidi, come
me.
Cioè...
Che significa: ho detto
male, adesso ci riprovo, mi correggo, vediamo se mi viene meglio:
ammettiamola, l'enorme buccia di banana o di intelletto, sulla quale
si è scivolati, o grazie alla quale.
Tu non lo ammettevi.
Io non ti ammettevo,
peccato.
Peccato capirti, e
sapere il divergere delle nostre direzioni, ma dovrei dire versi: ti
eri fatto da te, anche evitando i 'cioè', con disciplina, mentre io,
anche senza i ripensamenti... solo, come ancora oggi, mi
disattendevo.
Ed ora, ora quante cose
non sappiamo più l'uno dell'altro...
Vivete ancora in
Calabria, professore?
Oppure chissà, chissà
se vivete ancora... se tutto sommato non sto credendo di parlare
semplicemente a un ricordo, e a ben guardare sono solo io che vi
trovo per sempre immortale, come l'immaginazione o il disincanto, e
sono sicuro che vivete tuttora in Calabria nella vostra quasi
villetta di quarant'anni di insegnamento, con patio e ricordo ormai
cangiante di Siviglia 1936.
Anche se, sapete, non
ho mai creduto che abbiate fatto il bersagliere e la guerra di Spagna
e la Resistenza.
E forse il motivo
sembra assurdo anche a me, ma mi sembrava impossibile che voi aveste
fatto qualcosa al di fuori di quell'aula, in cui non c'erano mai
state la Spagna, la guerra, la Resistenza...
Ed invece c'eravamo noi,
storditi da tanta retorica, e tanti consigli, tanta
fede-speranza-lavoro-carità-dignità-nobiltà.
...Il rompicoglioni, il
solito rompicoglioni, ti appellavano: te lo dicevo anch'io, mi
piaceva ripeterlo mentalmente, e mi convincevo che anche tu avresti
capito, se solo avessi potuto dirti: sapete, professore, vi chiamano
rompicoglioni, e anch'io, che potrei essere il vostro pupillo, vi
chiamo così: dovete capirmi, dovete capirmi, perchè a me, in fondo,
non importa che lo siate o meno: a me piace la parola in sé, mi
piace sentire il suono di questa stupidissima parola, mi fa ridere,
mi fa ridere inspiegabilmente!
E in realtà, qualcosa
del genere è successo: quella volta che mi costringeste a confessare
perchè mai fossi scoppiato a ridere mentre insistevate a frustare
quel vostro cavallo di battaglia che chiamavate 'il miracolo di San
Rocco', dopo il quale 'ed ecco che il Manzoni si converte!'...
E quale spiegazione vi
aspettavate da me, cui vi eravate rivolto in cerca di una sponda,
come sempre, per quasi tutta la lezione, quale giustificazione per il
mio riso di una stupidità totale, incontrollata?... avversione,
derisione, opposizione?... Macchè!
Mi spiace ancora avervi
deluso, sinceramente, a quel modo, con un 'niente, professo', mi è
venuta in mente na parola che ogni bota ca mi vena in mente mi fa
rìdiri...'
Quale parola non potei
dire, of course.
Anche se avreste magari
apprezzato almeno l'onestà.
Ma il vostro sguardo,
la vostra riposta, mi brucia ancora: 'Amorù, 'sta 'nzalata del
miracolo di San Rocco, mancu tu l'ha capita, peccato!'
Per questo, mentre
mastico questa amara insalata, professore, mi sovvenite...
Un vostro alunno.
fine anni '80;
PS: il professore Ciccio Milano cercò in tutti i modi di indirizzarmi al meglio; non gli è riuscito, se questo è il meglio; non gliel'ho mai detto che a volte lo fissavo, e altre non lo guardavo, perché mi ricordava troppo mio padre. E questo è il motivo per cui non è riuscito nell'impresa di fare di me un avvocato, o non ricordo cos'altro: non poteva farci nulla.
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