domenica 21 dicembre 2014

Cortázar... A todo Julio!!!

Sembra passata una eternità, da quei primi anni ottanta del secolo scorso, quando scoprii per caso, non ricordo nemmeno come, 'questo' scrittore argentino, della cui scrittura mi innamorai subito. All'epoca non era facile reperire testi provenienti dal Cono Sud... anzi, fatte salve le grandi città, non era facile trovare nemmeno testi in lingua provenienti dalla Spagna o dal Portogallo. Infatti, se non ricordo male, questo fascicolo, che conservo con cura, l'ho reperito su una bancarella di Parigi, o di Madrid, non saprei. Ultimamente J.C. è stato scongelato dall'oblio per qualche giorno, giusto per il lancio di una nuova edizione di 'Rayuela'... poi di nuovo silenzio, del resto ormai tutti pubblicano (non ho detto 'scrivono'...) e quindi l'industria editoriale deve concedere spazio alle tante meteore che appaiono e scompaiono dagli scaffali delle librerie. J.C. non scomparirà, ha un suo pubblico che lo adora e non lo abbandonerà mai. Le pagine che seguono sono in lingua originale, ma sono estremamente comprensibili, almeno nella forma scritta.
Collegamenti ad altri post su questa specie di blog:
Seguono le pagine della rivista e, in calce ad esse, una mia traduzione del capitolo 'El actor y su obra'.
Da aggiungere: molte cose. 
Aggiunte: alcune 'quarte di copertina' e un pedazo da 'El perseguidor' (25/12/2014).

Nota previa: traduco a braccio e con frequenti sbalzi di memoria, per cui chiedo venia all'eventuale lettore. 
A.C.A.
                                                          L'autore e la sua opera.
                                                                  Julio Cortázar.
Rayuela (che traduco con 'La campana', dal momento che è questo il gioco che dà il titolo all'opera, diversamente tradotto con 'Il gioco del mondo' in italiano).
Verso la fine del 1962, J.C. diede per conclusa la stesura di 'Rayuela', un romanzo in aperta rottura con le forme usuali del genere e il cui destino era quello di diventare uno dei pilastri del boom della narrativa latinoamericana.
Figlio di un diplomatico argentino, J.C. nacque a Bruxelles nel 1914; studiò a Buenos Aires e, sotto l'influenza diretta di Borges, pubblicò nel 1949 il suo primo libro: un poema drammatico intitolato Los reyes. Poco dopo si trasferì a Parigi, che diventerà la sua residenza abituale per il resto della sua vita. L'opera narrativa di Cortázar comincia con Bestiario (1951), un libro di racconti fantastici in cui già si intravvedono le caratteristiche centrali del suo universo poetico: la dicotomia tra una apparenza falsa e una fantasia vera, la trasgressione dell'abitudinario per l'intervento di elementi insoliti, l'esplorazione metafisica appena mascherata dall'avventura fisica di un personaggio.
Cortázar, dice il critico Donald L. Shaw, ''postula l'esistenza di varie realtà parziali tra le quali noi ne scegliamo una per installarci comodamente al suo interno (come Bruno in 'El perseguidor') e non pensare più''.
Anche i racconti di Final de juego (1956), Las armas secretas (1959) e Historias de cronopios y de famas (1962), propongono o richiedono al lettore un cambio radicale delle sue abitudini mentali, o dei suoi meccanismi di percezione della realtà. Molti dei racconti che completano questi libri ('Casa tomada', 'La caricia más profunda') sono già diventati dei classici della lingua castigliana. Autoesiliato a Parigi, Cortázar pubblicò nel 1960 il suo primo romanzo, Los premios, la cui storia - caricata di un simbolismo più o meno ermetico, incentrato su ciò che succede nel posto di comando di un transatlantico, il Malcolm - risulta quasi lineare, senza interruzioni spazio-temporali. Questo è stato l'ultimo tributo di Cortázar al romanzo tradizionale: due anni più tardi sarebbe apparso Rayuela, che diventò il primo dei grandi risultati internazionali del boom della letteratura latinoamericana, e nel quale l'autore affronta, ''in termini di romanzo, quello che altri, i filosofi, affrontano in termini metafisici; vale a dire, i grandi interrogativi'', come confesserà successivamente.
Il ciclo dei grandi racconti fantastici si chiude, nell'opera di Cortázar, con l'apparizione delle raccolte Todos los fuegos el fuego (1966) e Octaedro (1974). Il suo terzo romanzo, 62 Modelo para armar, pubblicato nel 1968, era un nuovo giro di vite, derivato dal capitolo 62 di Rayuela, e in certo qual modo ne prolungava il clima e le proposte. E' in quell'epoca che Cortázar comincia ad intervenire attivamente nella vita politica, al principio in appoggio del processo rivoluzionario cubano; anche da allora data la crescente inclinazione di Cortázar verso una ''letteratura compromessa'', che aveva rifiutato esplicitamente nelle sue prime opere. Frutto del compromesso politico con la sinistra latinoamericana è il suo ultimo romanzo, Libro de Manuel, che apparve nel 1973. Lo stesso Cortázar vedeva in quell'opera la ''possibile convergenza di una invenzione narrativa con la militanza ideologica'', la creazione di un romanzo capace di inscriversi, come un ulteriore dato oggettivo, nel processo rivoluzionario dell'America Latina.
In qualche modo, le miscellanee che compongono La vuelta al día en ochenta mundos (1967), Ultimo round (1969) e Viaje alrededor de una mesa (1970), costituiscono validi appunti a proposito della disputa dialettica che Cortázar sosteneva, in gran parte, con se stesso: lo humor, i racconti, le poesie, i commenti su ritagli di giornali, vanno a formare una lunga meditazione sull'arte di scrivere e sui compromessi che, lo si voglia o no, pesano sullo scrittore.
La lotta contro la repressione politica in Cile, Uruguay e Argentina a partire dal 1973; la solidarietà attiva con il governo cubano e l'appoggio al regime nicaraguegno assorbirono in larga misura l'attività di Cortázar durante gli ultimi anni. Morì a Parigi, il 12 febbraio del 1984.
Rayuela rappresenta l'apice dell'arte narrativa di Cortázar, una sorta di summa dei suoi temi, delle sue ossessioni e delle sue invenzioni. In questo romanzo, l'autore - che in precedenza aveva suddiviso i lettori in due categorie, il lector macho (lettore maschio) e il lector hembra (lettore femmina: notare che non dice 'lectora', lettrice...) - sceglie la prima categoria come destinataria della propria opera. Tutta la struttura di Rayuela dipende da questa scelta: Cortázar si spinge a mettere a disposizione del lector macho (cioè, del lettore che vuole partecipare attivamente, e non solo percettiva, partecipando del piacere di inventare un romanzo) una specie di pannello di controllo, col quale può ordinare a suo piacimento il romanzo. La dialettica tra critica e autocritica, le riflessioni e i dubbi dell'autore circa i suoi stessi materiali, si presentano sotto forma di una serie di capitoli che Cortázar qualifica come prescindibili e senza i quali il romanzo sarebbe comunque completo. Questo gioco, attraverso il quale il lettore partecipa ai problemi della creazione del romanzo, non è il meno stimolante tra quelli che Cortázar propone. Perché Rayuela non si riduce in un giochino e nemmeno nella trasgressione delle leggi del genere narrativo mediante l'irruzione di altri generi (il saggio, la poesia). Ciò che Cortázar si propone non è altro che modificare le abitudini mentali dei suoi lettori, per quanto ciò avvenga grazie allo scandalo e allo shock. Ridotta a puro schema argomentativo, Rayuela narra il processo di disintegrazione di Oliveira, un intellettuale i cui meccanismi razionali lo tengono ai margini dell'esistenza, del suo orrore e della sua bellezza. L'azione si svolge dapprima a Parigi, poi a Buenos Aires e infine di nuovo nella capitale francese. Mediante tagli bruschi, inflessioni del linguaggio e monologhi interiori, il gruppo di personaggi che circonda Oliveira cerca di dar conto della sua avventura, della sua disperata volontà di afferrarsi alla autenticità della vita. Una delle voci che circondano il protagonista è quella di Morelli, l'anticonformista, che sotto molti aspetti è una copertura dell'autore medesimo: ''Era singolare che Morelli abbracciasse con entusiasmo le ipotesi di lavoro più recenti della fisica e della biologia, si mostrasse convinto che l'antico dualismo si fosse spaccato davanti alla evidenza di una comune riduzione della materia e dello spirito a nozioni di energia''. Questo anticonformismo, questa capacità di aprirsi, è ciò che fa di Rayuela una delle grandi opere della letteratura contemporanea in lingua spagnola.
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Vediamo cos'è quel 'tablero de mando', pannello di controllo, di cui sopra (la foto è tratta dall'edizione di Rayuela in mio possesso, la Planeta-Agostini 1985):
















































Sembra un giochino, vero? E' anche un gioco, certo, proprio come il titolo dell'opera, ma un gioco cosciente e sapiente, da non banalizzare. Portare il lettore all'interno di una creazione narrativa non è facile, e credo che la stragrande maggioranza degli autori se ne guarderebbe bene dal farlo. Vero è che questo 'pannello di controllo', questo 'centro direzionale' dell'opera altrui mi fa pensare a certe edizioni scolastiche nelle quali talune pagine - da non perdere! - sono scritte in un certo carattere o con un colore particolare, per distinguerle da altre - las prescindibles, diremmo con Cortázar... - che il lettore-discente potrà fare a meno di leggere e imparare, purché legga e impari almeno qualcosa... Però la differenza è sostanziale: il controllo di Rayuela è affidato al lettore, quello di un libro 'del secondo tipo' (e mi arrogo il diritto di usare questa etichetta in senso metaforico) è trattenuto dall'autore, che si interpone tra il creatore dell'opera e il fruitore finale, mentre allo stesso tempo l'autore/redattore si erge a deuteragonista pensante e discriminante... chissà se mi sono spiegato.
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Da Rayuela:


Una possibile traduzione:
Tocco la tua bocca, con un dito tocco il bordo della tua bocca, la disegno come se uscisse dalla mia mano, come se per la prima volta la tua bocca si schiudesse, e mi basta chiudere gli occhi per cancellare tutto e ricominciare, far nascere ogni volta la bocca che desidero, la bocca che la mia mano sceglie e ti disegna sul viso, una bocca scelta tra tutte, con assoluta libertà da me, per disegnarla con la mia mano sul tuo viso, e che, per un caso che non voglio indagare, coincide esattamente con la tua bocca che sorride da sotto a quella che la mia mano ti sta disegnando.
Mi guardi, mi guardi da vicino, ogni volta più da vicino, e allora giochiamo al ciclope, ci guardiamo ogni volta  più da vicino e gli occhi si fanno più grandi, si avvicinano tra loro, si sovrappongono, e i ciclopi si osservano, confondendo i loro respiri, le bocche si incontrano e lottano dolcemente, mordendosi con le labbra, premendo appena la lingua sui denti, giocando negli spazi dove un’aria spessa va e viene con un profumo antico e silente. Allora le mie mani desiderano affondare nei tuoi capelli, accarezzare lentamente la profondità dei tuoi capelli, mentre ci baciamo come se le nostre bocche fossero piene di fiori o pesci, dai movimenti vivi, dalla fragranza oscura. E se ci mordiamo il dolore è dolce, e se affoghiamo in una breve e terribile fusione del respiro, questa istantanea morte è stupenda. E c’è una sola saliva e un solo sapore di frutta matura, ed io ti sento mentre tremi contro il mio corpo come una luna sull’acqua.
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Da 'Las armas secretas', edizioni '2000 Editorial Sol 90', in 'Biblioteca de la Literatura Universal'.

Brano tratto da 'El perseguidor', racconto incentrato sulla storia del jazzista Charlie Parker ('Johnny'), narrata dal critico o alter ego di Julio - 'Bruno'.

   ''Sono un critico di jazz abbastanza sensibile da capire i miei limiti, e mi rendo conto che ciò che penso si trova ad un livello inferiore del piano dove il povero Johnny si sforza di avanzare con le sue frasi smozzicate, i suoi suoi sospiri, le sue ire improvvise e i suoi scoppi di pianto. A lui non importa un fico secco che io lo ritenga geniale, e non si mai montato la testa perché la sua musica è molto superiore a quella che suonano i suoi amici. Penso con malinconia che lui è in principio al suo sax mentre io sono costretto a confrontarmi con il finale. Lui è la bocca ed io l'orecchio, per non dire che lui è la bocca ed io... Ogni critico, ahimè, rappresenta il triste finale di qualcosa che è cominciato come un sapore, come una delizia da mordere e masticare. E la bocca si muove un'altra volta, golosamente la grande lingua di Johnny  raccoglie un filo di saliva dalle labbra. Le mani tracciano un disegno nell'aria.
   - Bruno, se un giorno tu potessi scriverlo... Non per me, sia chiaro, a me cosa importa... Ma deve essere bello, ci tengo che sia bello. Ti stavo dicendo che quando cominciai a suonare, da ragazzo, mi resi conto che il tempo cambiava. Una volta lo raccontai a Jim e lui mi disse che tutti sentiamo allo stesso modo, e che quando uno si astrae... Disse così, ''quando uno si astrae''. Invece no, io non mi astraggo quando suono. E' solo che mi cambio di posto. E' come in un ascensore, tu sei nell'ascensore e parli con la gente, e non ci trovi nulla di strano, e intanto passa il primo piano, il decimo, il ventunesimo, e la città è rimasta giù in basso, e tu stai terminando la frase che avevi cominciato entrando, e tra le prime parole e le ultime ci sono cinquantadue piani. Quando ho cominciato a suonare io mi sono reso conto di entrare in un ascensore, ma era un ascensore di tempo, se così posso dirtelo. Non credere che mi dimenticassi di una certa ipoteca o della religione. Soltanto che in quei momenti l'ipoteca o la religione erano come il vestito che uno non ha addosso: so che il vestito è nell'armadio, ma non venire a dirmi che in quello stesso momento quel vestito esiste. Il vestito esiste quando lo metto, e l'ipoteca e la religione esistevano quando smettevo di suonare e la vecchia entrava con i capelli legati a ciuffi e si lamentava perché le fracassavo le orecchie con 'sta musica del diavolo.
Dédée ha portato un'altra tazza di nescafè, ma Johnny guarda tristemente il suo bicchiere vuoto.
    - Questa storia del tempo è complicata, mi afferra da ogni parte. Comincio a credere poco a poco che il tempo non è come una borsa che si riempie. Voglio dire che per quanto cambi il contenuto, nella borsa non ci sta mai più di una certa quantità, e fine. Vedi la mia valigia, Bruno? Ci stanno dentro due vestiti e due paia di scarpe. Bene, ora immagina di svuotarla poi di rimetterci ancora i due vestiti e le due paia di scarpe, e allora ti rendi conto che possono starci solo un vestito e un paio di scarpe. Ma il massimo non è questo. Il massimo è quando ti rendi conto che puoi mettere un intero negozio di abiti nella valigia, cento vestiti e altri cento, come io metto la mia musica dentro il tempo quando sto suonando, a volte. La musica e ciò che penso quando viaggio nel metro.
   - Quando viaggi nel metro.
   - Eh, sì, qui sta il punto - ha detto maliziosamente Johnny. - Il metro è una grande invenzione, Bruno. Viaggiando nel metro ti rendi conto di tutto quel che potrebbe stare in una valigia. Forse non ho perduto il sax nel metro, chissà...
Si mette a ridere, tossisce, e Dédée lo scruta inquieta. Ma lui fa dei gesti, se la ride, e tossisce confondendo tutto, agitandosi sotto la coperta come uno scimpanzé. Sempre ridendo, beve le lacrime che gli scendono.
   - Meglio non confondere le cose - dice dopo un po'-. L'ho perso, fine. Però il metro mi è servito per capire il trucco della valigia. Guarda, questo fatto dell'elasticità delle cose è proprio bello, io lo sento in ogni dove. Tutto è elastico, ragazzo. Le cose che sembrano rigide possiedono una elasticità...
Pensa, concentrandosi.
   -... una elasticità ritardata - aggiunge sorprendentemente. Io faccio un gesto di ammirazione e di approvazione. Bravo, Johnny... L'uomo che dice che non è capace di pensare!... Vai, Johnny. E ora mi interessa veramente ciò che sta per dire, e lui lo capisce e mi guarda con più scaltrezza che mai.
   - Tu credi davvero che potrò avere un altro sax per suonare dopodomani, Bruno?
   - Sì, ma dovrai fare attenzione.
   - Certo, dovrò fare attenzione.
(mia fallibile traduzione all'impronta: non ho studiato nessuna lingua; ACA).
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Sono convinto che tanti critici e operatori del mercato letterario diano il meglio di sé nelle 'quarte di copertina' o algo parecido. Spero che nascano sempre prima le opere e poi le quarte di copertina... de alguna manera non lo darei tanto per scontato, il suo contrario.
Certo, in nessuna quarta di copertina si è mai parlato male delle pagine che l'hanno preceduta, o no?
Più di una volta avrei voluto, forse un po' cortazarianamente, abbozzare una storia di storie della letteratura basata su soli titoli e quarte di copertina.


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